Viale del tramonto

(Sunset Boulevard)

Regia di Billy Wilder

con William Holden (Joe Gillis), Gloria Swanson (Norma Desmond), Erich von Stroheim (Max von Mayerling), Nancy Olson (Betty Schaefer), Fred Clarke (Sheldrake), Lloyd Gough (Morino), Jack Webb (Artie Green), Cecil B. De Mille (se stesso), Buster Keaton (se stesso), H.B. Warner (se stesso).

PAESE: USA 1950
GENERE: Noir
DURATA: 110′

A raccontare la storia, a bagno in una piscina, è il cadavere di Joe Gillis: modesto sceneggiatore, il povero Joe incontra la diva del muto in declino Norma Desmond e, attratto dagli agi e dai soldi facili che questa gli offre, finisce per diventarne prima lo scrittore favorito, poi l’amante. Quando si accorgerà di non voler passare la vita convivendo con la follia della donna, lei preferirà ucciderlo piuttosto che lasciarlo andare.

Grande capolavoro del cinema americano, “il film dei film sul cinema”, a distanza di sessant’anni dalla sua uscita non perde nulla del suo fascino originario, e anzi, come il buon vino, invecchiando migliora. È sicuramente il film sul cinema più interessante e soprattutto cattivo che Hollywood abbia mai avuto il coraggio di produrre: non solo per la cinica analisi dell’avido sistema produttivo, basato esclusivamente sugli affari, bensì anche per lo sguardo spietato che il regista posa su un’arte che troppo spesso si è dimostrata effimera e ingiusta verso chi l’ha resa grande. È anche un grande atto d’amore verso il cinema muto, che molti ancora oggi considerano come l’unico cinema puro, “vero”, che parla con l’immagine e non con il verbo. Molti accusarono Wilder di sputare nel piatto in cui mangiava, senza capire che il suo era un gesto d’amore verso un’arte che dietro le luci, dietro le belle illusioni, celava ombre che non potevano non essere mostrate. Inoltre, è un raro film in cui la linea di separazione tra cinema e vita è sottile come non mai: la Swanson, come il suo personaggio, al tempo delle riprese era davvero una diva in declino, così come von Stroheim era realmente un regista che non era più riuscito a trovare la sua giusta dimensione artistica dopo l’arrivo del sonoro; addirittura, il film che la diva guarda con Joe è proprio una sua partecipazione diretta da Stroheim, l’incompiuto Queen Kelly, mentre un Buster Keaton anziano e in declino appare nella partita a carte tra le “vecchie glorie”. Wilder, al di là degli aspetti tematici, costruisce una suggestiva atmosfera noir, senza disdegnare sipari grotteschi e altri decisamente horror che devono qualcosa all’espressionismo tedesco. I passi surreali invece contribuiscono a rendere in immagini l’animo folle e contorto della protagonista (come le sfocature dei suoi primi piani). Indimenticabili molte battute (“io sono ancora grande, è il cinema che è diventato piccolo”), anche se, unico neo, la sceneggiatura non sempre segue la verosimiglianza che si prefigge la trama. Forse, per questo motivo, è un film imperfetto, ma è impossibile non amarlo se si ama il cinema.

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