Mystic River

(Mystic River)

Regia di Clint Eastwood

con Sean Penn (Jimmy Markum), Tim Robbins (Dave Boyle), Kevin Bacon (Sean Devine), Laurence Fishburne (Sergente Whitey Powers), Laura Linney (Annabeth Markum), Marcia Gay Harden (Celeste Boyle), Kevin Chapman (Val Savage), Brendan Harris (Tom Guiry), Emmy Rossum (Katie), Spencer Treat Clark (Ray Harris), Andrew Mackin (John O’Shea), Adam Nelson (Nick Savage), Robert Wahlberg (Kevin Savage), Jenny O’Hara (Esther Harris).

PAESE: USA 2003
GENERE: Drammatico
DURATA: 135′

Periferia di Boston. Tre ragazzini vivono un’immensurabile tragedia quando uno di loro viene rapito e violentato da uno spregevole prelato. Venticinque anni dopo le loro strade si incrociano ancora una volta: la figlia di Jimmy viene trovata uccisa, Dave è il sospettato numero uno e Sean è il poliziotto che segue le indagini. Nonostante gli sforzi del terzo, il destino li farà sprofondare nuovamente in un’inarrestabile spirale di violenza.

 

 

24esimo film di Eastwood, tratto dal romanzo La morte non dimentica di Dennis Lehane e sceneggiato da Brian Helgeland che aveva già collaborato col regista nel precedente Debito di sangue (2002). Ambientato in una Boston operaia e proletaria, potente metafora dello smarrimento della società USA, il film porta in scena un’America cinica e insensibile dai padri assenti o corrotti, incapace di liberarsi della violenza che la contraddistingue sin dagli albori e che ora si riversa sui suoi figli, spesso inermi. Il passato dovrebbe essere passato, eppure guidato dal caso (o dal caos?) continua a perseguitarci, a torturarci, a punire chi abbiamo accanto. Dave non aveva nessuno a difenderlo quando veniva rapito e violato, e da ora in avanti non avrà nessuno nemmeno suo figlio. Chi interromperà questa tragica reazione a catena che ha come unico risultato un popolo in preda alla solitudine e alla frustrazione? Ma il film è pieno di simboli. Si pensi al finale, ambientato non a caso durante l’annuale parata del Columbus Day, con la moglie di Jimmy, sorta di moderna Lady MacBeth, che esalta la grandezza del marito e incita alla punizione la debolezza di tutti gli altri. Esiste forse una metafora più forte della superbia americana? In questo tragico apologo sui perdenti e sul male del mondo, sull’assenza di un Dio e sul dolore dell’esistenza, manca quasi del tutto il concetto di redenzione, anche se attraverso il personaggio di Sean Eastwood sembra volersi aggrappare alla speranza che esista ancora una qualche distinzione tra bene e male, tra giusto e sbagliato.

La regia di Eastwood si mostra sempre più elegante e perfetta, minimalista e “classica” eppure così carica di rimandi simbolici, alcuni dei quali capaci di rileggere il concetto stesso di cinema classico (si pensi alla scena in cui Dave guarda Vampires di John Carpenter in TV, iniziando a sentirsi nuovamente un mostro, o allo straordinario sottofinale con il controcampo “impossibile” tra Jimmy, Dave e Sean), da apparire sempre assolutamente innovativa. E il fatto che sappia alternare così bene registri così diversi (il thriller, l’horror, il melodramma, il fantastico onirico), dimostrandosi peraltro abilissimo in ognuno di essi, dimostra che è uno dei pochi registi americani a credere ancora nel potere della storia, cui lo stile dev’essere sempre e comunque subordinato. Le interpretazioni del terzetto di testa (più le due donne) sono da antologia, ma sarebbe ingiusto non ammettere che Tim Robbins (premiato con l’Oscar) sia una spanna superiore agli altri: durante tutto il film, infatti, l’attore rende alla perfezione il degrado fisico e mentale del proprio personaggio, riuscendo quasi a cambiare la propria fisionomia. A questo proposito un plauso va alla fotografia di Tom Stern, abilissima nell’addentrarsi tramite luci ed ombre nei pensieri dei personaggi e nel “colorare” le immagini (talvolta, i fotogrammi sembrano virati in blu) con colori freddi che simboleggiano la totale mancanza di calore nei rapporti tra i personaggi. Struggenti musiche composte, per la prima volta, dal solo Eastwood (aiutato dal figlio Kyle). Eli Wallach, il “brutto” di Sergio Leone, fa un cameo come venditore di liquori. Un film straziante, spesso terribile, ma bellissimo, emozionante, imperdibile. Parla degli Stati Uniti, ma parla anche di noi.

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3 risposte a Mystic River

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