Blackhat

(Blackhat)blackhat-poster

Regia di Michael Mann

con Chris Hemsworth (Nicholas Hathaway), Tang Wei (Lien Chen), Viola Davis (Carol Barrett), Leehom Wang (Chen Dawai), Ritchie Coster (Kassar), Holt McCallany (Mark Jessup), Yorick Van Wageningen (Sadak), John Ortiz (Henry Pollack), William Mapother (Rich Donahue), Spencer Garrett (Baker), Archie Kao (Shum).

PAESE: USA 2015
GENERE: Thriller
DURATA: 133′

Per fermare un hacker che ha già danneggiato una centrale nucleare, una task force cino-americana fa uscire di prigione l’hacker Nicholas Hathaway, dentro per aver sottratto parecchi soldi alle banche…

Gradito ritorno di Mann, sei anni dopo lo strepitoso successo di Nemico Pubblico (2009). Tra i pochi registi USA a credere ancora in un cinema orgogliosamente di genere, è anche uno dei rarissimi autori nel panorama del cinema d’azione. Questo suo primo thriller informatico è stato un flop al botteghino, forse l’unico della sua carriera: costato 70 milioni, ne ha racimolati appena 17 in giro per il mondo. Certo la trama sa parecchio di deja-vu, ma è riscattata da un talento visivo di grande qualità e da una serie di trovate narrative molto personali (come la particolarità della storia d’amore). Ricorrendo ancora una volta al digitale (fotografia: Stuart Dryburgh), che garantisce un dinamismo e un realismo quasi documentari, Mann coreografa l’azione in maniera impeccabile. Non solo: riesce a trovare la poesia (ma qui lo aiutano le bellissime musiche di Atticus Ross) anche nei cosiddetti momenti “morti”, come un viaggio in taxi o un veloce amplesso in una sfatta camera d’albergo. Il suo è un cinema dalle invidiabili armonie cromatiche e compositive, notturno e pieno di fascinosi momenti sospesi; un cinema di ampio respiro imbevuto in un profondo umanesimo che parla di cose antiche e demodè come il professionismo e l’amicizia virile. I suoi personaggi sono dei Bogart fuori tempo massimo, good bad guy poco raccomandabili ma genuinamente morali. Certo, chi si aspettava un action movie alla Michael Bay è rimasto molto deluso; degustibus, ma qui siamo dalle parti del cinema, non della pubblicità. C’è una bella differenza. Sull’ora e mezza l’intreccio svela parecchi buchi nella logica narrativa, ma qualsiasi difetto è riscattato dalla magnifica sequenza finale della processione. In molti hanno giudicato sbagliata la scelta di Hemsworth, troppo muscoloso per sembrare un NERD. Ma dove sta scritto che un hacker dev’essere sempre gracile e occhialuto? Anche quando affronta storie non originalissime come questa, Mann si conferma uno dei migliori cineasti USA della sua generazione. Per questo, Blackhat (nomignolo usato per identificare gli hacker che svolgono azioni criminose) è un insuccesso che gli fa onore.

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