Pulp Fiction

(Pulp Fiction)

Regia di Quentin Tarantino

con John Travolta (Vincent Vega), Samuel L. Jackson (Jules Winfield), Uma Thurman (Mia Wallace), Harvey Keitel (Mr. Wolf), Bruce Willis (Butch), Maria de Medeiros (Fabienne), Tim Roth (Zucchino), Amanda Plummer (Coniglietta), Christopher Walken (Koons), Ving Rhames (Marsellus Wallace), Eric Stoltz (Lance), Rosanna Arquette (Jody), Quentin Tarantino (Jimmie Dimmick), Duane Whitaker (Maynard), Peter Greene (Zed), Angela Jones (Esmeralda Villalobos), Paul Calderon (Paul).

PAESE: USA 1994
GENERE: Grottesco
DURATA: 153′

Diverse storie d’ambiente criminale si intrecciano nella Los Angeles odierna: due piccoli criminali si apprestano a rapinare una tavola calda; due gangster giustiziano tre sgherri che hanno tradito il loro capo e, dopo diverse peripezie, finiscono nel locale della rapina iniziale; uno dei due gangster porta a cena la moglie del boss ma deve salvarla da un’overdose; un pugile pagato per perdere un incontro uccide l’avversario e fugge col malloppo.


Opera numero due di Tarantino, probabilmente il suo capolavoro, quella che resterà. Non un film quanto un universo filmico in cui il regista texano si diverte a frullare il suo personale, ricchissimo immaginario. Lo fa con una libertà espressiva senza precedenti, inventandosi un linguaggio nuovo e rifiutando le strutture sintattiche del cinema classico (si pensi soltanto ai suggestivi salti avanti e indietro nel tempo, allo stile elegante che alterna lunghi piani sequenza a montaggi vorticosi, alla disinvoltura con cui infrange la quarta parete) e, soprattutto, attraversando una miriade di generi cinematografici senza mai davvero sposarne nessuno. Il risultato è sorprendente, godibilissimo, unico nella storia del cinema. Come sottolineato dalla frase iniziale pulp significa “miscela inorganica”, e il film è proprio questo: un mescolone solo all’apparenza caciarone in realtà dotato di un’intelligenza drammaturgica e di una finezza linguistica che spesso manca al cinema contemporaneo. Film in cui i personaggi contano più della vicenda e i dialoghi (irresistibili, premiati con l’Oscar) più di tutto il resto. Alcuni criticano a Tarantino di essere un regista amorale: è anche vero che, costruendo un universo filmico da zero, può permettersi di fare lui le regole. Anche quando sprofonda negli abissi del male, come nell’episodio (tremendo) della sodomizzazione. E così, stemperata da una macabra quanto geniale ironia, anche la violenza diventa – per lo spettatore consapevole – l’ennesimo passo di danza del balletto del cinema fine a sé stesso che promuove Tarantino. Inimitabile e super imitato, fu la scintilla che diede il via alla frantumazione dei generi tipica degli anni ’90 e che dura ancora oggi. Scelta musicale perfetta, collaboratori ineccepibili (Andrzej Sekula alla fotografia, Sally Menke al montaggio, David Wasco alla scenografia) e una schiera di attori diretti benissimo che entrano nella memoria con una sola battuta. Tra loro, più di uno deve molto a Tarantino (si pensi solo al ritrovato John Travolta, che pareva ormai buono soltanto per Senti chi parla). Dura due ore e mezza, ma è impossibile accorgersene. Ancora oggi colpisce e prende dopo molte visioni.

 

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5 risposte a Pulp Fiction

  1. krocodylus1991 scrive:

    Sono d’accordo con te, anche se ho trovato un pò criptica la parte centrale…comunque a me Uma Thurman ha convinto molto, sarà che ho una passione per le more che sembrano morti viventi!

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