La città verrà distrutta all’alba²

(The Crazies ²)

Regia di Breck Eisner

con Timothy Olyphant (David Dutton), Radha Mitchell (Judy Datton), Joe Anderson (Russell Clank), Danielle Panabaker (Becca), Lisa K. Wyatt (Peggy), Christie Lynn Smith (Deardra Farnum), Preston Bailey (Nicholas Farnum) , Larry Cedar (Ben Sandborn).

PAESE: USA 2009
GENERE: Horror
DURATA: 101′

Ogden Marsh, Iowa. Lo sceriffo Dutton si ritrova ad affrontare col suo secondo una serie di morti provocate da esplosioni di follia, causate da una tossina sprigionata da un’arma batteriologica distrutta in un incidente aereo. L’arrivo dell’esercito non cambia le cose, e ben presto la città è assediata sia dai “pazzi” che dai militari incapaci di gestire la situazione. David e il suo vice, accompagnati dalla moglie del primo, Judy, e da una sua amica, tentano di fuggire e di scoprire la verità.

Rifacimento dell’omonimo film di Romero del 1973, questo secondo The crazies (letteralmente, “I pazzi”) segna parecchi punti rispetto all’originale. Eisner decide di abbandonare il doppio punto di vista del primo film (civili / militari) per osservare la storia attraverso il solo sguardo dello sceriffo e dei compagni di viaggio: questa decisione accentua la dimensione oscura dell’ignota epidemia, riuscendo a creare un perfetto clima d’angoscia. La componente politica non è comunque lasciata in disparte, sebbene manchi lo sguardo ironico romeriano: ma questo non nuoce al film, anzi. Ne esalta il disilluso cinismo e la terribile attualità. La parola “apocalisse” era stata raramente portata in immagini così bene, e il merito è di una confezione filmica perfetta, ben lontana dal basso costo cui era stato costretto Romero più di trent’anni prima. Con una fotografia ispirata “fifty- fifty” ai film di Carpenter e ai quadri di Hopper, il film impila una serie di immagini incredibilmente visionarie e terribili, in cui i colori accesi diventano sinonimo di incubo e la luce contrastata assume un valore metafisico. Anche la dimensione orrorifica è accentuata, e forse questo è il suo unico punto debole, quello in cui Eisner mostra di non riuscire a svincolarsi da certi meccanismi hollywoodiani classici. Qualche pur vistoso buco in sceneggiatura (perché Dutton lascia sempre sola la moglie incinta?) non fa calare la suspense, presente dal primo all’ultimo minuto e capace di tenere costantemente – e abilmente – tesi  i nervi dello spettatore (da urlo la sequenza nell’autolavaggio). Al di là degli errori, dei manierismi, delle superficialità, è un film che incanta e sconvolge grazie ad una straordinaria e suggestiva efficacia visiva. Chi vi ha trovato un lieto fine diverso da quello originale, non ne ha capito la tremenda carica beffarda: il remake è in realtà molto più velatamente pessimista del capostipite, complice il periodo che sta attraversando oggi la nostra civiltà. Ai tempi di Romero, forse si poteva ancora fare qualcosa per salvarla. Nel tempo di Eisner, quello nostro di oggi, sembra che resti molto poco da fare. Raro caso di rifacimento superiore all’originale. La canzone iniziale è “We’ll Meet Again” di Johnny Cash.

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