Le ali della libertà

(The Shawshank Redemption)

Regia di Frank Darabont

con Tim Robbins (Andy Dufresne), Morgan Freeman (Red), Bob Gunton (Warden Norton), William Sadler (Heywood), Clancy Brown (Capitano Hadley), Gil Bellows (Tommy Williams), Mark Rolston (Bogs Diamond), James Whitmore (Brooks Hatlen).

PAESE: USA 1994
GENERE: Drammatico
DURATA: 135′

1947, carcere di Shawshank (Maine). Bancario innocente condannato per uxoricidio fa amicizia con ergastolano nero dentro da prima di lui. Sfruttando la sua intelligenza burocratica Andy è apprezzato e ben voluto sia dai compagni che dai carcerieri. Ma forse è solo un modo per creare un diversivo in vista di una sua mai accennata, quanto improbabile fuga…

Film d’esordio dello sceneggiatore Darabont (adattò, tra gli altri, Frankenstein di Mary Shelley) è uno dei più riusciti drammi carcerari della storia del cinema. Gli stereotipi del genere ci sono tutti, ma l’innovativa figura del protagonista pare decostruirli dall’interno: Andy Dufresne è un bancario onesto, colto e borghese, ingiustamente condannato per un omicidio che non ha commesso. Ma la novità sta anche nel lungo sviluppo temporale dell’intreccio che, coprendo un arco di quasi vent’anni, rende bene il senso di una condanna a vita. Darabont dirige in modo classico ma con un ampio respiro che tende all’epica, grazie ad un infallibile senso del racconto e alla capacità di creare atmosfere poetiche pur girando interamente tra i muraglioni grigi del penitenziario di Shawshank. È una storia umanista – come tutte quelle portate in scena dal regista – con al centro un uomo che, grazie all’arte, alla cultura, all’intelligenza, ad una grande dignità, è libero anche se rinchiuso: la prigione si fa metafora del mondo intero, vivibile solo se addolcito tramite il “pensiero” (a questo proposito, bellissimo il passo in cui Andy manda in filodiffusione nel carcere Le nozze di Figaro cantate dalla Callas). Il film coinvolge e commuove senza retorica né patetismi, nemmeno nel bellissimo e lirico finale sulla spiaggia. Sottovalutato da pubblico e critica, non vinse nessun Oscar nonostante le perfette interpretazioni (Robbins e Freeman su tutti), la bella fotografia di Roger Deakins e la precisa sceneggiatura di Darabont col produttore Niki Marvin, adattamento di un racconto di Stephen King contenuto nella raccolta Stagioni diverse. Un film da non perdere.

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