Ronin

(Ronin)

Regia di John Frankenheimer

con Robert De Niro (Sam), Jean Reno (Vincent), Natascha McElhone (Deirdre), Stellan Skarsgård (Gregor), Sean Bean (Spence), Skipp Sudduth (Larry), Michael Lonsdale (Jean- Pierre), Jonathan Pryce (Seamus O’Rourke), Fèodor Atkine (Mikhi), Katarina Witt (Natacha Kirilova), Bernard Bloch (Sergi).

PAESE: USA 1999
GENERE: Nero
DURATA: 120′

A Parigi si incontrano 5 uomini che non si conoscono per organizzare il furto di una valigetta. A capeggiarli c’è una bionda misteriosa. Cosa c’è nella valigetta? Per chi lavora la bionda? E, soprattutto, per chi lavorano loro?

Cineasta dal profitto altalenante, Frankenheimer torna alla ribalta con un potente, cupo, teso noir d’inseguimento scritto da J. D. Zeik e, sotto pseudonimo, David Mamet. A partire dall’ambientazione, è ovvio che i modelli del regista non sono tanto americani quanto europei, soprattutto francesi: temi come il senso dell’onore, la solitudine dei criminali, l’elogio del professionismo e dell’amicizia virile, rimandano inequivocabilmente al cinema di Melville. La storia conta meno delle atmosfere (le fascinose, deserte, notturne periferie parigine, con due brevi incursioni diurne a Nizza e ad Arles), le atmosfere contano meno dei due protagonisti e della loro morale ferrea. Il regista è abile nelle scene d’azione come nei momenti calmi, e il suo ostinato rifiuto verso la logica del digitale (non ci sono effetti speciali grafici, tutto è stato girato dal vero) ne fa uno dei pochi registi- artigiani che ancora credono nel cinema come “fabbrica di storie”. I suoi punti di forza sono una verosimiglianza e un realismo che denotano un rigore concettuale non da poco e, soprattutto, che da anni mancano nel cinema hollywoodiano di genere. Contiene due degli inseguimenti in auto – di cui uno contromano – meglio filmati della storia del cinema. Un plauso anche alla bella fotografia (che sembra rifarsi direttamente ai toni e alle desaturazioni del bianco e nero) di Robert Fraisse e al montaggio di Antony Gibbs. Tutto (o quasi) è già visto, e il finale è confuso e un pò meccanico, ma resta un film assolutamente da non perdere per come riesce a tenere incollati davanti allo schermo per più di due ore. La suspense è perfetta, il ritmo incessante e il divertimento assicurato. I Ronin erano samurai giapponesi che vagavano senza meta perchè rimasti senza padrone (citati anche in Frank Costello faccia d’angelo di Melville). “E’ un omaggio ad un genere in disgrazia, nel quale gli uomini contano più delle armi e degli aggeggi elettronici” (Paolo Mereghetti). Da vedere e da gustare anche dai non appassionati al genere.

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