Nightmare – Nuovo incubo

(Wes Craven’s New Nightmare)

Regia di Wes Craven

con Heather Langenkamp (se stessa), Wes Craven (se stesso), Miko Hughes (Dylan Porter), Robert Englund (se stesso/ Freddy Krueger), John Saxon (se stesso), Robert Shaye (se stesso), Sara Risher (se stessa), Marianne Maddalena (se stessa), David Newsom (Chase Porter), Tracy Middendorf (Julie).

PAESE: USA 1994
GENERE: Horror
DURATA: 112′

Heather Langenkamp, protagonista dei primi film della serie Nightmare, è preoccupata da incubi che hanno per protagonista Freddy Krueger, l’eroe di finzione che lei combatté nella fiction. Quando Freddy inizia a tormentarle il figlioletto e le uccide il marito, Heather si rivolge a colui che ha creato il mostro, il regista Wes Craven. Questi gli confessa che Freddy è un’entità maligna che solo i film possono imprigionare, e che proprio lei dovrà girare un ultimo film – lo stesso che sta guardando lo spettatore – per spedirlo per sempre nell’oltretomba.

Dieci anni dopo il successo di Nightmare on Elm Street, Craven inizia quella riflessione sul cinema dell’orrore che culminerà due anni dopo col gioco di citazioni di Scream. Rispetto alla storia dell’assassino con la maschera dell’urlo di Munch, però, questo New Nightmare rimane più riuscito e interessante: la trovata del film nel film è assolutamente geniale, e Craven è abile nello scavalcare abilmente la linea tra sogno e realtà senza dare appigli allo spettatore. Ma, come ne Il seme della follia di Carpenter, il potere della storia e della fantasia non si limita a scavalcare la linea, bensì la distrugge completamente: bellissimo a questo proposito il finale in cui Heather legge al bambino la sceneggiatura del film nel film come fosse una favola per bambini. Craven si diverte ancora ad esorcizzare il babau – come se il male si sconfiggesse tramite il racconto e nel racconto – ma cerca di girare un horror maturo, adulto (nessuna volgare caduta nel teen- horror), in cui vorrebbe spiegare il significato di un genere che ama ma che non sempre viene rispettato. Belli gli effetti speciali, visivamente molto ricco ed innovativo, maestoso, grazie ad una interessante sceneggiatura dello stesso Craven. A livello di regia, il nostro è bravo a non cadere nelle trappole del facile spavento e si ingegna nel muovere la macchina da presa in modo non scontato e funzionale all’atmosfera della storia. L’ambientazione del duello finale, sorta di “succursale” dell’inferno, è di un’originalità rara, merito anche della fotografia espressionista di Mark Irwin. Ci accodiamo a Mereghetti nella sua piccola “lamentela”: è un peccato che Freddy Krueger e Robert Englund, l’attore che gli ha prestato corpo e voce per dieci anni, non si incontrino mai.

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