Convoy – Trincea d’asfalto

(Convoy)

Regia di Sam Peckinpah

con Kris Kristofferson (Martin “Anatra di gomma” Penwald), Ali MacGraw (Melissa), Ernest Borgnine (Sceriffo Lyle “Papà Orso” Wallace), Burt Young (“Maialotto”), Madge Sinclair (Vedova nera), Franklyn Ajaye (Spider Mike), Brian Davies (Chuck Arnoldi), Seymour Cassel (Governatore Jerry Haskins), Cassie Yates (Violet), Walter Kelley (Hamilton).

PAESE: USA 1978
GENERE: Avventura
DURATA: 115′

Lotta senza esclusione di colpi tra la squadra di camionisti capeggiata da Anatra di gomma – dal nome dello stemma che porta sul suo mezzo – e lo sceriffo Papà Orso Wallace, impegnato 24 ore su 24 nel tentativo di far rispettare la legge della strada.

Penultimo film di Peckinpah (1925 – 1984) è, come la maggior parte dei suoi film, una rilettura del genere western. Pur ambientato ai giorni nostri, il film contiene sia i canoni tipici dell’epopea americana della frontiera, sia quelle rivisitazioni politiche e sociologiche che hanno sempre contraddistinto il cinema di questo talentuoso cineasta californiano. Il convoglio di camion che attraversa la polverosa Arizona si fa metafora delle diligenze del west (e i camionisti non somigliano forse a dei Cow Boy?), mentre l’autorità – quindi l’istituzione – tenta di sopprimere ogni spirito libero. È il film più anarchico e divertente di Peckinpah, quello con lo spirito più estremista e per questo spesso osteggiato dalla critica: in fin dei conti, pur con dovizia di stupidità e testardaggine, lo sceriffo Papà Orso fa solamente il suo dovere. Un po’ ripetitivo e sconclusionato (anche perché maciullato al montaggio), punta su una sceneggiatura che impila dialoghi di irresistibile e rara volgarità (sono comunque camionisti)  che gli costò il divieto ai minori di 14 anni. Fa notare giustamente l’amico Danilo Cardone di cinefobie che, in fin dei conti, quella tra polizia e convoglio è una lotta quasi insensata, senza piglio sulla verosimiglianza: perché tutto quell’odio tra i due schieramenti? Forse perché al regista importa solo l’eterna lotta tra anarchia e regolamenti, non quella tra bene e male, e questo lo dimostra il finale col redivivo Anatra e il sorridente Wallace. Ed è per questo che ha confezionato un film astratto, grottesco, immerso nello sporco, fanfarone ma riscattato da un grande talento visivo che riesce a trasportare in un film avventuroso/ comico gli stili di regia tipici del western. Un film che, nel bene e nel male, è anche un canto d’amore crepuscolare e romantico verso la storia di una nazione troppo spesso controversa. Da ricordare l’inseguimento in campagna con sotto una canzone country. Bene i due protagonisti maschili, sexy e spigliata la MacGraw.

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