Nightmare 3 – I guerrieri del sogno

(A Nightmare on Elm Street 3: Dream Warriors)

Regia di Chuck Russell

con Heather Langenkamp (Nancy Thompson), Craig Wasson (Neil Gordon), Patricia Arquette (Kristen Parker), Robert Englund (Freddy Krueger), Ken Sagoes (Roland Kincaid), Jennifer Rubin (Talyn White), Brooke Bundy (Elaine Parker), Laurence Fishburne (Max), John Saxon (Donald Thompson), Rodney Eastman (Joseph “Joey” Crusel), Priscilla Pointer (Dottoressa Elizabeth Simms), Nan Martin (Sorella Helena/Amanda Krueger).

PAESE: USA 1987
GENERE: Horror
DURATA: 92′

Questa volta l’artiglio- munito Freddy – che si scopre essere figlio di una monaca violentata da un’orda di pazzi – perseguita i giovani pazienti di un ospedale psichiatrico. In loro soccorso, oltre ad un simpatico e sveglio dottore, arrivano Nancy Thompson, la protagonista del primo episodio divenuta psicologa, e il padre sceriffo Donald. Ma questa volta le vittime di Freddy non sono inermi come in passato…

Dopo l’abissale indigestione del secondo capitolo, la serie del mostro più famoso del cinema horror torna a volare alto come in principio, e il merito è di una bella sceneggiatura scritta a quattro mani da Wes Craven, Bruce Wagner, Frank Darabont e il regista Chuck Russell. Si basa su una semplice questione: se Freddy uccide i ragazzi popolandone gli incubi, perché i ragazzi non possono lottare contro di lui esaudendo NEI sogni i propri sogni? E così chi sogna di essere un mago lo affronta con poteri sovrannaturali, chi vorrebbe essere una femmè fatale lo combatte col fascino e il coltello, chi desidera fare l’equilibrista lo tiene a bada con l’agilità. Al di là di questi nuovi ed originali concetti, il film funziona anche perché è molto ironico, divertente, a tratti grottesco. Rispetto al capostipite di Craven perde in spavento e angoscia ma guadagna in scavo psicologico, analisi delle paure dell’infanzia e creatività: la messa in scena dei terribili incubi è da antologia, e pare frutto del lavoro combinato tra un pittore surrealista e un vignettista satirico. Non fa paura, certo, e forse non è il massimo per un film dell’orrore. Ma che importa? Tiene col fiato sospeso e ha ritmo, genialità, vis comica. E Freddy è sempre più “personaggissimo”: in alcuni cinema la gente applaudiva tutte le volte che entrava in scena. Avrà tutti i difetti del mondo (scorza del teen- horror, improprio messaggio religioso finale, ripetizioni “da seguito”) ma funziona. E la sequenza dell’ultimo incubo in mezzo agli specchi, costruita in modo formidabile in tutti i suoi elementi, non si dimentica tanto facilmente. Il furbo Craven, inventore della saga ed unico in grado di valorizzarla (i film decenti della serie sono quelli in cui c’è il suo zampino), sembra “tutelarsi” tramite la sceneggiatura: nell’epilogo fa morire tutti i personaggi principali, come se volesse mettere alla saga la parola “fine”. Spiace deluderlo ma non è stato rispettato: Freddy apparirà in altri quattro film, uno solo – l’ultimo e il migliore – diretto dal suo creatore.  Zsa Zsa Gabor interpreta sé stessa in un programma televisivo trasmesso nel manicomio.  Colonna sonora di Angelo Badalamenti.

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