Potere assoluto

(Absolute Power)

Regia di Clint Eastwood

con Clint Eastwood (Luther Whitney), Gene Hackman (Presidente Richmond), Ed Harris (Seth Frank), Laura Linney (Kate Whitney), Scott Glenn (Bill Burton), Dennis Haysbert (Tim Collin), Judy Davis (Gloria Russell), Melora Hardin (Christy Sullivan), E. G. Marshall (Walter Sullivan), Richard Jenkins (Michael McCarty).

PAESE: USA 1997
GENERE: Thriller
DURATA: 121′

Luther Whitney, pittore di giorno e ladro di notte, va a rubare in una villa in cui, nascosto in una cabina armadio, vede il presidente degli Stati Uniti Richmond uccidere la giovane amante Christy, moglie del collega politico Walter Sullivan. Dopo aver tentato la fuga – un ladro non può denunciare nessuno – Luther sceglie di restare e, spiegato il fattaccio a Sullivan, ne arma la mano e poi fugge.

Tratto dal best- seller omonimo di David Baldacci. In un periodo in cui parecchi film “umanizzano” il volto del presidente degli USA (Dave – Presidente per un giorno, Il presidente – Una storia d’amore), il controcorrente Eastwood lo trasforma nell’emblema nel male e gira il suo film più politico in senso stretto, quello in cui più apertamente si scaglia contro il teatrino dei governanti: e infatti il senso del film si riassume tutto nella sequenza in cui il presidente e l’addetta alla sicurezza Russell danzano ipocritamente ad una serata di gala sproloquiando dell’omicidio, mentre gli invitati sorridenti ne esaltano l’affiatamento e la grazia. Detto questo, è un Eastwood a 18 carati, imbevuto nei temi che spesso sono cari al regista: l’abominio del potere, l’America dai padri assenti o corrotti (in fin dei conti, il presidente è metaforicamente padre di tutti i suoi elettori), la moralità assoluta dei suoi protagonisti (Luther non fugge quando potrebbe perché non vuole che il presidente la passi liscia). Qualche traccia reazionaria nel pur ambiguo finale, in cui Sullivan compie la sua vendetta ma non spiega ai media com’è andata davvero: la giustizia privata batte ancora una volta quella pubblica, istituzionale. In molti sono convinti che Eastwood regista valga più di Eastwood attore, e l’originale forma filmica della pellicola sembra avvallare proprio questa ipotesi. Potere assoluto è ricco di interessanti passi meta- cinematografici, come quello della celeberrima dissolvenza tra un disegno di Luther e la casa dell’omicidio – ad indicare che stiamo addentrandoci in una “storia” – o quello in cui il ladro assiste al delitto, seduto in una “camera da voyeur” che si fa metafora dello schermo e del ruolo del regista. Ed è proprio questa sua leggibilità su vari livelli a renderlo un film molto originale, un’opera intelligente che dice molto senza mai rinunciare ad un certo spettacolarismo hollywoodiano. C’è qualche inverosimiglianza e qualche buco in sceneggiatura (di William Goldman), ma resta un thriller teso, movimentato, nervoso, capace di tenere sulle spine per due ore precise anche lo spettatore più esigente. Un plauso va alla bellissima e funzionale fotografia di Jack N. Green e un altro alle ottime musiche “d’atmosfera” di Lennie Niehaus. Da molti ingiustamente considerato un Eastwood minore: non è Gran Torino, ma è anche vero che Beethoven non ha sempre scritto solo la Nona. E sfidiamo chiunque a snobbarne gli altri lavori.

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3 risposte a Potere assoluto

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