The Score

(The Score)

Regia di Frank Oz

con Robert De Niro (Nick Wells), Marlon Brando (Max Baron), Edward Norton (Jackie Teller), Angela Bassett (Diane), Gary Farmer (Burt), Paul Soles (Danny), Jamie Harrold (Steven), Serge Houde (Laurent), Jean-Renè Ouellet (Andrè), Martin Drainville (Jean- Claude), Claude Despins (Albert).

PAESE: Germania, USA 2001
GENERE: Nero
DURATA: 123′

In tre lavorano ad un colpo grosso alla dogana di Montreal, Quèbec: il vecchio Max lo sponsorizza, il maturo Nick lo progetta e mette in atto e il giovane Jackie si infiltra nell’edificio per imparare ad eluderne i sistemi d’allarme. Colpo di scena finale.

Frank Oz, rinomato regista di commedie di costume, firma a sorpresa un bel poliziesco crepuscolare che è anche un ottimo esempio di caper movie (filone quasi estinto che basa l’intreccio sulla preparazione e lo svolgimento di un “colpo grosso”). Oz rilegge con ossequiosa ironia i canoni del genere e li adatta ad una storia “per tutti”, divertente, tesa, coinvolgente, in cui originali spunti thriller e noir si mescolano con armonia. Al di là dei preziosi spunti riflessivi che offre – è davvero il denaro a far girare il mondo? – la sceneggiatura (di K. Salem, L. Dobbs e S. M. Smith)ha ritmo, e fa sì che si possa sorvolare su qualche accenno di macchinosità. La prima parte è forse la migliore, descrittiva e “d’atmosfera”, ma è innegabile che anche la seconda, pur maggiormente imperniata sull’azione, sia scorrevole ed emozionante. E il finale, oltre ad essere furbo ed inaspettato, è assolutamente riuscito e credibile, verosimile e realistico. Ottima prova di bravura dei tre attori protagonisti (quasi una sfida, non per nulla il bottino è uno scettro), che rappresentano tre diversi livelli del metodo actor’s studio. Chi è il migliore? Difficile sbilanciarsi, perché tutti e tre sono totalmente in parte: in un’ideale classifica, forse vincerebbe quello anagraficamente “di mezzo”. Oz punta dal canto suo su una regia invisibile ma curata che, con l’aiuto della preziosa fotografia  di Rob Hahn, costruisce belle immagini avvolte nell’oscurità che mantengono un che di poetico (le sequenze nel locale di Nick). Ottima anche la musica di Howard Shore, che contrappunta appassionatamente una trama che richiama la struttura di un pezzo Jazz: scarti, digressioni, improvvisazioni, sorprese. Una bella intuizione  che sicuramente si è ricordato Michael Mann quando ha girato Collateral, un film che propone un rapporto analogo tra musica e intreccio. Ultimo film di Brando, che nemmeno qui rinunciò a fare il “divo maledetto” (o rompiballe, a seconda dei punti di vista): durante le riprese, Oz ebbe numerosi screzi con l’attore, che lo derideva chiamandolo “Miss Piggy” (il regista prestò per anni la voce all’omonimo personaggio dei Muppets). Non riuscendo ad andare d’accordo, Robert De Niro fu costretto a dirigere Brando al posto di Oz, con quest’ultimo a dargli istruzioni via cuffia. Per questo motivo in qualche sito il film appare co- diretto da Oz e De Niro. Resta comunque un ottimo prodotto, forse il più maturo ed equilibrato del sottovalutato regista californiano. E infatti né pubblico né critica gli hanno voluto troppo bene.

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