Il Grande Lebowski

(The Big Lebowski)

Regia di Joel Coen

con Jeff Bridges (Jeffrey “Drugo” Lebowski), John Goodman (Walter Sobchak), Julianne Moore (Maude Lebowski), Steve Buscemi (Donny), David Huddleston (Jeffrey Lebowski), Philip Seymour Hoffman (Brandt), Tara Reid (Bunny Lebowski), John Turturro (Jesus Quintana), Jimmie Dale Gilmore (Smokey), Ben Gazzara (Jackie Treehorn), Sam Elliott (Lo straniero), Jon Polito (Da Fino) Peter Stormare (Nichilista).

PAESE: USA 1998
GENERE: Commedia
DURATA: 117′

Los Angeles, 1991. Jeff Lebowski detto Drugo (“Dude” nella versione originale) è un ex hippy sessantottino e disoccupato che passa il suo tempo a fumare erba e a giocare a bowling con due amici. La sua vita viene sconvolta quando due criminali, credendolo un milionario indebitato, lo riempiono di botte e gli mingono sul tappeto. In principio sembra solo uno scambio di persona, ma presto Drugo si accorge di essersi avventurato suo malgrado in una storia ai limiti dell’assurdo, in cui rischia addirittura la vita.

Descrivere la trama di questo bizzarro, settimo film dei Coen – Joel regista e Ethan sceneggiatore – è impresa ardua e francamente futile: più dell’intreccio, complicato come quello dei un noir anni ’40 con Humphrey Bogart, conta la mirabolante galleria dei personaggi, il loro sguardo rispetto al disfacimento del mondo, l’assurdità irresistibile delle situazioni, l’irriverente e cinica comicità dei dialoghi. Come il precedente Fargo, in maniera solo apparentemente più leggera, riflette su una società che sembra aver smarrito il senso delle cose e che pare governata soltanto dalla confusione e dal caso (o caos?) che governano l’esistenza umana. Il protagonista si muove come un Marlowe moderno – di cui possiede tutta l’emarginazione – che però beve White Russian e fuma erba, apparentemente poco interessato a ciò che lo circonda ma che, paradossalmente, è l’unico ancora in grado di provare pietà, di domandarsi cosa diavolo stia succedendo alla razza umana. Qualcuno accusò la pellicola di essere una sorta di nostalgico omaggio al beato far nulla dei “facinorosi” sessantottini, altri lo apprezzarono ma si domandarono se fosse corretto eleggere ad eroe un uomo che, in fin dei conti, ha deciso di estraniarsi dalla società e quindi di non tentare nulla per cambiarla. La verità, forse, sta nel mezzo: è vero che Drugo non agisce praticamente mai, ma è anche vero che ciò che vede sul suo cammino spingerebbe chiunque a fermarsi e a guardare altrove, in una sorta di disillusione cosmica che è quella di molti intellettuali degli anni ’60; dall’altro lato però, sarebbe stupido non accorgersi che, pur amandolo alla follia, non sempre i Coen apprezzano il modo di vivere del loro personaggio. È con distacco vicino alla pietà che filmano le ceneri di Donny spargersi sui vestiti di Jeff e Walter invece che nel vento del canyon. Si beffano anche della morte, certo, ma allo stesso tempo sembrano porsi un’interessante questione: cosa resta di quelle vite che, per ribellione o per comodità, si limitano semplicemente a “passare”? Non è un caso che nessuno dei tre amici abbia figli (Jeff mette incinta una donna, ma nessuno sa che fine farà il nascituro), come se si volesse accentuare l’ineluttabilità della loro fine.

Ma al di là delle riflessioni esistenziali, The big Lebowski resta uno dei film più divertenti dei Coen: è per questo che può anche e soprattutto essere guardato con sguardo “leggero”, ed è per questo che la pellicola si è garantita un enorme successo anche fuori dalla sala: si tratta infatti di una scoppiettante commedia grottesca che strappa parecchie fragorose risate. È un film laico e forse fin troppo cinico, ma rimane un piccolo capolavoro americano “morale”, lontano dalle mode, capace di apostrofare questi freaks dei nostri tempi – Lebowski compreso – con una dolcezza inaspettata capace di commuovere.
I Coen impilano una dietro l’altra varietà infinite di registri (dal noir al thriller fino al comicità slapstick), trovate filmiche (c’è una telecamera in una palla da bowling, azzeccata metafora della vita), invenzioni originali ed inaspettate, come il bellissimo passaggio onirico che pare tratto da un musical di Busby Berkeley (a questo proposito, un plauso va alla fotografia di Roger Deakins). Non è un film, quanto un universo filmico citazionista, colorato e godibilissimo, che sa meravigliare, far ridere, commuovere, emozionare. E pensare. C’è altro che si possa chiedere ad un film?

Parata di grandissimi attori anche in ruoli secondari, come il pederasta Jesus di John Turturro che resta in scena per meno di due minuti ma lascia il segno. Le interpretazioni sono una più perfetta dell’altra, ed è anche grazie a questi irresistibili mattacchioni che il film è così ben riuscito ed armonico. Ottima colonna sonora che mescola Credence e Bob Dylan, Elvis Costello e il nostro Piero Piccioni. Flea, bassista dei Red Hot Chili Peppers, interpreta un nichilista, mentre il nome del montatore Roderick Jaynes è uno pseudonimo dietro cui si celano i due registi. Sottovalutato dalla critica, che tende a considerarlo un Coen minore, è un film che narra la coinvolgente e poetica storia di un uomo che  vaga per un mondo che gli è nemico e che, paradossalmente, lui stesso ha contribuito a creare. Ipocrita? Certo, come tutti noi. Ed è forse per questo motivo che Il grande Lebowski non si dimentica facilmente: parla di uno sfaticato hippy che si fa le canne ma, in fin dei conti, parla di noi.


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12 risposte a Il Grande Lebowski

  1. italiandudeship scrive:

    Articolo molto interessante e ben scritto. Metterò un link sul mio sito nella sezione amici, appena dopo il solito sonnellino. 🙂

  2. nehovistecose scrive:

    Ehi grazie mille!!!è un onore! 🙂

  3. Tito scrive:

    Il grande Lebowski è un film da paura!!
    L’ho visto e rivisto tante volte coi miei amici, e come sempre ci fa ridere da morire; ma allo stesso tempo ti fa venire un se senso di “pesantezza”, non so come spiegarlo… A mio parere è un piccolo, ma grande capolavoro!

  4. Elena scrive:

    Ciao, bellissimo articolo e bellissimo blog. Complimenti!

  5. Pingback: La banda dei Babbi Natale | Ne ho viste cose…

  6. Iwona scrive:

    Ci vorebbe White Russian..sta bene con una lattura interessante 😉

  7. Emilio2899 scrive:

    Ciao, l’hai visto l’ultimo dei Coen “A proposito di Davis”? Secondo è uno dei migliori film dei Coen negli ultimi anni (si sarebbe dovuto meritare più di 2 nominations agli Oscar).

  8. fabiobozzo scrive:

    Non si scherza con Jesus!
    Finalmente sono riuscito a vedere questo cult! :))

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