Shining

(The Shining)

Regia di Stanley Kubrick

con Jack Nicholson (Jack Torrance), Shelley Duvall (Wendy Torrance), Danny Lloyd (Danny Torrance), Scatman Crothers (Dick Halloran), Barry Nelson (Stuart Ullman), Philip Stone (Mister Delbert Grady), Joe Turkel (Lloyd), Tony Burton (Larry Durkin), Barry Dennen (Bill Watson), Anne Jackson (Dottoressa).

PAESE: Gran Bretagna 1980
GENERE: Horror
DURATA: 120′ (146′)

Lo scrittore Jack Torrance si trasferisce con moglie e figlioletto – quest’ultimo dotato di poteri medianici – all’Overlook Hotel, imponente albergo sulle montagne in cui dovrà prestare servizio come guardiano d’inverno. Ma alcune visioni funeste e l’incapacità di terminare il proprio libro porteranno l’uomo ad uno stato di schizofrenia che metterà in serio pericolo la sua famiglia.

Con 2001: odissea nello spazio Kubrick portò la fantascienza fuori dal ghetto della serie B e mostrò al mondo che anche i film con le astronavi potevano aspirare ad essere arte “alta”, proprio come i prodotti di genere diverso. Dodici anni dopo – in mezzo ci fu soltanto Arancia Meccanica (1971) – ci riprova col genere horror, meno snobbato dalla critica (nel frattempo avevano già esordito autori come Carpenter e Romero) ma egualmente sottovalutato. Il regista opta per l’adattamento di uno dei primi romanzi di Stephen King (1977), ma tralascia l’aneddotica dello scrittore in nome di uno sguardo fiabesco che aspira al mito: da quello di Saturno (che voleva uccidere il figlio e si ritrovo eliminato dal figlio stesso) a quello di Teseo e il Minotauro (anche qui, guarda caso, un labirinto), senza dimenticare un esplicito tema edipico che strizza l’occhio alla psicanalisi. Kubrick critica la società odierna attraverso l’analisi di una tipica e perfetta “famiglia americana” che si rivela “distorta”, malata, minata nei suoi principi cardine: una famiglia oscena e malevola già incontrata in Arancia Meccanica.

Più che cercare l’orrore facile, preferisce ricreare materialmente spazi mentali angosciosi e terribili che preannunciano l’incubo. Il regista frantuma volutamente spazio e tempo per rendere meglio la follia, e acuisce – se possibile – la sua tecnica virtuosa e sempre funzionale: la macchina da presa anticipa o segue i personaggi, stagliandone la figura in opprimenti stanze e lunghissimi corridoi che trasmettono un senso di solitudine, freddezza e pazzia. La geometria equilibrata di ogni singola inquadratura è costruita in modo da contrastare con l’asimmetria del corpo umano, accentuando così una certa dimensione onirica che eleva l’albergo a protagonista principale, in grado di respirare, uccidere, parlare. Celeberrima la sequenza del triciclo di Danny nel corridoio: grazie alla Steadycam inventata in quel periodo dall’operatore Garrett Brown, la macchina da presa poté seguire i giri del bambino senza usare binari, cosa che permise grande libertà di movimento e soprattutto la possibilità di girare senza stacchi. Ogni ripresa è di una fluidità ed un’eleganza tutt’oggi insuperate.

La versione originale, di 146 minuti, fu ritirata dopo una settimana di proiezione. Subito dopo, Kubrick distribuì quella da 120 che conosciamo oggi. Il regista scelse personalmente, per le edizioni europee,  tutte le varianti del proverbio che Jack scrive ossessivamente: “all work and noplay makes Jack a dull boy” divenne da noi “il mattino ha l’oro in bocca”. Grandissima interpretazione di Jack Nicholson, al culmine del proprio istrionismo (“sono il lupo cattivo!”). Gli presta la voce un immenso Giannini, cui lo stesso Kubrick scrisse una lettera di merito. Ottima fotografia di John Alcott, belle musiche di Wendy (Walter) Carlos, già collaboratrice di Arancia Meccanica, e Rachel Elkind. Sconvolgente nel suo angoscioso pessimismo, insuperato nella costruzione della follia, possiede tuttavia un piccolo difetto: l’inquadratura finale, pur affascinante, appare un poco incoerente col resto del racconto. Da sempre dichiaratosi insoddisfatto di questa versione, King ri sceneggiò il suo romanzo e nel 1997 ne fece una miniserie televisiva (per la verità mediocre) diretta da Mick Garris.

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3 risposte a Shining

  1. Fan di Kubrick per caso? 😉
    Comunque Nicholson è un grande, le sue espressioni in questo film sono letteralmente terrorizzanti. Avrebbe potuto far da solo il film.

  2. cinefobie scrive:

    A mio avviso, il film più riuscito di Kubrick, al pari di Barry Lyndon [ed escludendo 2001, che è film solo perché impresso su pellicola].

  3. Pingback: Misery non deve morire | Ne ho viste cose…

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