Million Dollar Baby

(Million Dollar Baby)

Regia di Clint Eastwood

con Clint Eastwood (Frankie Dunn), Hilary Swank (Maggie Fitzgerald), Morgan Freeman (Scrap), Jay Baruchel (Danger Barch), Mike Colter (Big Willie Little), Lucia Rijker (Bille “The Blue Bear”), Brian F. O’Byrne (Padre Horvak), Anthony Mackie (Shawrelle Berry), Margo Mintadale (Earline Fitzgerald), Michael Peňa (Omar).

PAESE: USA 2004
GENERE: Drammatico
DURATA: 137′

Gestore di una scalcinata palestra di periferia, l’anziano ex pugile Frankie Dunn accetta a malincuore di allenare un trentenne ridotta in miseria che vuole inseguire il sogno di diventare qualcuno. Durante l’incontro della sua vita, la ragazza subisce una scorrettezza che le costa una paralisi permanente. Tenuta in vita artificialmente, chiede a Frank di staccare la spina.

Sceneggiato dal talentuoso Paul Haggis (Crash) e tratto dal racconto breve Rope Burns: Stories from the corner di F. X. Toole, il 25esimo film di Clint Eastwood non è, come molti hanno sostenuto, un film sull’eutanasia, così come non si tratta di un film sulla boxe. E’ piuttosto la storia di un disperato gesto d’amore di un padre verso una figlia, una sorta di elogio alla dignità in un mondo di perdenti. Un elogio che parla di amore, amicizia, sogni infranti. Frankie, cancellando una vita, compie una sorta di suicidio mentale che lo relega allo status di spettro: uno status tragicamente doloroso ma obbligato, filtrato da uno sguardo morale che raramente si era visto al cinema. Lo si può considerare un film verista per come illustra il percorso di chi tenta di cambiare la propria condizione senza riuscirci, impregnato di un forte pessimismo che però non diventa mai nichilismo: lo dimostra il fatto che Maggie, pur ridotta in stato vegetativo, è felice per il coronamento del suo sogno. Un sogno finito male e con effetti strazianti, eppure realizzato attraverso la fatica, e per questo dunque sacrosanto. Una serie infinita di temi cui Eastwood contrappone una messa in scena essenziale ma magnifica, capace di trasfigurare i canoni del melodramma attraverso la semplicità, rifiutando ogni retorica o commozione facile. Priva di qualsiasi sottolineatura o ridondanza, la pellicola affida tutto ai visi, agli sguardi, alle sintassi fisiche proprie di ogni corpo umano (fattori che rispecchiano, senza usare la parola, la personalità dei personaggi). Come aveva già fatto nel sottofinale di Mystic River, anche qui Eastwood rilegge in maniera innovativa (e decisamente simbolica) il concetto classico di campo/controcampo.

Con un montaggio tutto sommato classico – da non confondere con “banale” – e una fotografia simbolista perfetta nel suo continuo scrutare l’oscurità (Tom Stern), Million Dollar Baby rappresenta una delle opere più coraggiose degli ultimi anni, finissima nella sua essenzialità ed estremamente coinvolgente nella sua stilizzazione narrativa. Qualche pennellata onirica (come il finale), si inserisce alla perfezione nel realismo del quadro e lo rende un capolavoro. Eastwood rifiuta qualsiasi genere di orpello, non pretende di avere “la verità in tasca” (cosa che, dall’alto dei suoi 75 anni, potrebbe permettersi) e dona al film uno spessore lirico-tragico che non conosce eguali. È un film emozionante, sincero, imperdibile nonostante sia un (salutare) pugno nello stomaco. Magnifico commento musicale, dello stesso regista. I quattro meritatissimi premi Oscar (film, regia,  Swank e Freeman) suonano come un’ennesima e dovuta consacrazione, ma sono tutti assolutamente meritati. Così come il grande successo di pubblico, inaspettato per un film così privo di speranza.

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3 risposte a Million Dollar Baby

  1. Pingback: I segni del male | Ne ho viste cose…

  2. Grandissimo film anche questo… Consueti complimenti per la scelta…!

  3. Uno dei migliori film di Eastwood…

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