Vampires

(Vampires, conosciuto anche col titolo John Carpenter’s Vampires)

Regia di John Carpenter

con James Woods (Jack Crow), Daniel Baldwin (Anthony Montoya), Sheryl Lee (Katrina), Thomas Ian Griffith (Jan Valek), Maximillian Schell (Cardinale Alba), Tim Guinee (Padre Adam Guiteau), Mark Boone Junior (Caitlin), Gregory Sierra (Padre Giovanni), Cary- Hiroyuki Tagawa (David Deyo), Thomas Rosales Jr. (Ortega), Henry Kingi (Ortega), David Rowden (Bambi), John Furlong (Padre Joseph Molina).

PAESE: USA 1997
GENERE: Horror
DURATA: 108′

La squadra del cacciatore di vampiri Jack Crow subisce ingenti perdite a causa di un potentissimo vampiro. Con l’aiuto dell’unico sopravvissuto al massacro, di una biondona morsicata e di un pretino cerca di scoprire chi l’ha tradito…

Carpenter ha spesso dichiarato che, pur non avendone mai girato uno, tutti i suoi film sono “western travestiti”. Questo Vampires (tratto dal romanzo Vampire$ di John Steakley e adattato da Don Jakoby) è il suo non western più western di tutti: con un occhio rivolto a Peckinpah (la rappresentazione della violenza) e l’altro a Leone (le scelte registiche), Carpenter prende tutti gli elementi del genere – ambientazioni scarne e desolate, personaggi duri e puri, passo lento alternato all’azione ritmata – e li riorganizza per adattarli al film di vampiri. Di cui, a parte i vampiri, non ha praticamente nulla. Attinge piuttosto al mito dell’eroe solitario, all’epica della frontiera, e li fonde col fumetto, il b- movie, la letteratura horror. Il risultato è originale, spettacolare, grandioso. “Pessimista e di sinistra, pieno di sangue e ironia, visionario anche quando gioca basso, lontano anni luce da tutti gli horrorini che si fanno oggi, Carpenter è rimasto uno dei pochi a credere nel cinema di genere, o forse nel cinema, puro e semplice” (Paolo Mereghetti). Elogio all’amicizia virile, accesa critica alla Chiesa cattolica, è un ottimo esempio di buon cinema senza orpelli che rifiuta qualsiasi estetica modaiola post- moderna. Più politico di quanto possa sembrare (la Chiesa vista come azienda, la violenza come espressione degradata del capitalismo selvaggio) può contare su una serie di contributi tecnici preziosi, che vanno dalle magnifiche musiche dello stesso regista alla splendida fotografia di Gary B. Kibbe, fino all’interpretazione di un immenso Jimmy Woods nel ruolo del good bad guy. Consigliato ai profani del cinema carpenteriano che vogliono vedere un horror diverso, ma caposaldo assoluto per i fan del regista: in fin dei conti, è una summa di tutto il suo cinema. Due seguiti dimenticabili.

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