Le idi di marzo

(The Ides of March)

Regia di George Clooney

con Ryan Gosling (Stephen Myers), George Clooney (governatore Mike Morris), Evan Rachel Wood (Molly Stearns), Marisa Tomei (Ida Horowicz), Paul Giamatti (Tom Duffy), Philip Seymour Hoffman (Paul Zara), Max Minghella (Ben Harpen), Jeffrey Wright (senatore Thompson), Jennifer Ehle (Cindy Morris), Gregory Itzin (Jack Stearns), Michael Mantell (senator Ted Pullman).

PAESE: USA 2011
GENERE: Drammatico
DURATA: 102′

Stephen Myers, guru della comunicazione che cura la campagna elettorale del governatore democratico Mike Morris per le primarie, si lascia trascinare in una serie di eventi che rischiano di rovinargli la carriera. Ma si sa, a imparare – anche le cose peggiori – ci si mette poco…

Tratto dalla piece teatrale Farragut North di Beau Willimon e adattata dal drammaturgo, da Clooney e dal fido Grant Heslov, il quarto film di Clooney è un eccezionale melodramma “politico”, uno di quei robusti esempi di cinema civile che non si vedeva dai tempi di Pollack, Pakula, Lumet. Più della perdita d’innocenza del protagonista, è interessante il percorso che lo porta, in nome dell’idealismo, a perdere qualsiasi idealismo stesso. Quello di Clooney è uno sguardo “morale” – forse l’ultimo, con quello di Clint Eastwood, del cinema nordamericano moderno – che analizza i rapporti tra la politica e le persone, mostrando cosa c’è dietro quel rapporto e restituendo un quadro di radicale pessimismo (il regista è democratico e il suo personaggio ha le stesse idee) che appare concepito in modo così intelligente da non poter non essere considerato sincero. È un film “morale” perché anche chi compie atti deprecabili non fa mai qualcosa di illegale, e dunque il giudizio su ogni singolo personaggio si basa essenzialmente sulla sua concezione di etica, confrontata con quella dello spettatore. Il giovane Myers impara presto che “il fine giustifica i mezzi”, e che anche il candidato più onesto e “pulito” nasconde qualcosa: è giusto che diventi presidente lo stesso? Se fa del bene alla gente, è giusto lasciarlo al suo posto nonostante una dubbia moralità “privata”?

Queste sono le questioni che vengono messe in campo, e il regista non lascia lo spettatore in uno stato passivo, bensì lo invita a dare una risposta o quantomeno a discuterne: la bellissima e simbolica scena finale, in cui Gosling guarda negli occhi lo spettatore (“quando guardi negli occhi qualcuno, quel qualcuno deve decidere da che parte stare”, dice il capo staff Paul, unico personaggio “leale”) è la prova che anche chi guarda deve dare un giudizio, e non può più nascondersi dietro la demagogia. Demagogia che, nel film, non esiste: lo dimostra il fatto che il film sia schierato (molte le frecciate sui repubblicani) ma che non rinunci a sollecitare una coscienza critica in chi osserva. I quesiti sollevati da Clooney sono quasi anacronistici, dimenticati, ma egli sembra suggerirci che prima o poi torneranno a solleticarci. Come quello sui media – Myers, ormai simbolo della politica più spietata, dice alla giornalista Ida “tu sei la mia migliore amica” – o quello sul metro di giudizio sul popolo americano (“puoi fare la guerra, rubare soldi pubblici, ma non puoi andare con le stagiste”, dice il protagonista). La pellicola non scivola mai nel grottesco – e sarebbe stato molto facile, visto che ogni personaggio è una sorta di “simbolo” – e questo le dona realismo e, soprattutto, grande piglio con l’attualità.

La regia di Clooney è originale, mai scontata (si veda la scena del “licenziamento” di Paul), sobria anche quando sfocia nell’onirico (i passi davanti ad una gigantesca bandiera americana “al contrario”, l’incontro nelle cucine di un ristorante chiuso tra Myers e Morris) e, soprattutto, intelligentemente anti- spettacolare e lontana anni luce da qualsiasi prodotto medio uscito da Hollywood: si pensi al fatto che nel film non c’è mai un climax, o meglio, ogni volta che ce lo si aspetta, riparte una tranche di suspense che culmina di nuovo con un climax mancato. E così via, fino ad un finale assolutamente grandioso nella sua semplicità. Le Idi di marzo fu il periodo in cui Giulio Cesare venne tradito e poi ucciso: questo è sicuramente un film sul tradimento, ma il concetto è meno trasparente di quanto potesse sembrare. Dopo il bellissimo Good night and good luck., Clooney ha di nuovo sfiorato il capolavoro con un film coraggioso e affascinante, sostenuto da attori bravissimi (Gosling, Clooney, Giamatti, Hoffman) nei panni di personaggi interessanti e curato nei minimi dettagli, da un barocchismo scenografico tutto wellesiano (e che quindi la dice lunga, a livello metaforico, sui personaggi) a una fotografia a tratti espressionista di Phedon Papamichael, dalle belle musiche di Alexandre Desplat al montaggio classico ma non banale di Stephen Mirrione. Tra i produttori figura Leonardo di Caprio. Il personaggio di Morris si dice ispirato al democratico Howard Dean, ma va detto che quest’ultimo non è mai stato coinvolto in scandali di questo tipo.

Grande film, assolutamente da non perdere. E bravo Clooney!

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5 risposte a Le idi di marzo

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  3. Marco scrive:

    complimenti per la tua recensione. Analisi completa e particolarmente dettagliata nonché a tratti evidente risultato di una conoscenza cinematografica non indifferente!

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