La morte corre sul fiume

(The Night of the Hunter)

Regia di Charles Laughton

con Robert Mitchum (Harry Powell), Shelley Winters (Willa Harper), Lillian Gish (Rachel Cooper), Billy Chapin (John Harper), Sally Jane Bruce (Pearl Harper), James Gleason (Birdie Steptoe), Evelyn Varden (Icey Spoon), Don Beddoe (Walt Spoon), Peter Graves (Ben Harper), Gloria Castillo (Ruby), Paul Bryar (Bart), Corey Allen (Macijah Blake).

PAESE: USA 1955
GENERE: Thriller
DURATA: 89’

Anni ’30. Il finto reverendo Harry Powell, fondamentalista cristiano schizofrenico e maniaco, attraversa l’America lasciandosi dietro una scia di donne uccise. Per impadronirsi di 10mila dollari nascosti da un ex compagno di cella giustiziato, il folle sposa la vedova dell’uomo e cerca di estorcere ai due figli informazioni inerenti al nascondiglio del malloppo. Ma i piccoli hanno giurato al padre che non avrebbero mai parlato, e iniziano così una fuga lungo il fiume Ohio in cerca di aiuto, col reverendo alle calcagna. Si salveranno grazie all’intervento di una donna che raccoglie orfanelli bisognosi.

Tratto dal romanzo omonimo di Davis Grubb e sceneggiato dallo scrittore e critico cinematografico James Agee, rappresenta il fulminante esordio dell’attore Laughton, la sua unica prova dietro la macchina da presa. È un film sull’infanzia travestito da thriller: ha la struttura della favola e l’impronta del noir. Difficile da giudicare – in quanto, essendo l’unica opera del regista, non può essere analizzata alla luce di una poetica autoriale – propone tuttavia uno stile personalissimo che risulta unico nel panorama del cinema americano. Complicato è anche estrapolarne una lettura precisa: ciò che è certo, è che Laughton attacca senza riserve il puritanesimo della provincia, e condanna senza ombra di dubbio chi si serve della religione per perpetrare il male. I due personaggi “forti” del film rappresentano le due facce possibili della medaglia “religione”: Powell si nasconde dietro la fede per compiere delitti orribili, mentre Rachel se ne serve per aiutare il prossimo; per il primo la preghiera serve a punire, per la seconda a redimere. Il concetto è ripreso nella bellissima sequenza in cui Rachel difende la sua casa mentre Powell aspetta di entrare, di notte: all’unisono cantano la stessa canzone, ma essa ha per loro significati differenti.

Ma il messaggio è ambivalente (e non ambiguo): lo spettro dell’ironia (ravvisabile nel personaggio della signora Spoon) può far pendere la lettura verso uno sguardo tutto sommato laico – sottolineato anche dalle continue inquadrature dall’alto: rappresentano il punto di vista di un Dio indifferente e contemplatore? O di un artista/ regista partecipe e osservatore?) –, posato su un mondo in cui al centro ci sono le persone e le loro scelte più che un disegno preciso. Che, nel caso dei personaggi, sono scelte antitetiche: c’è chi promuove il male e chi promuove il bene, e il fatto che entrambi agiscano in nome di Dio non prova comunque l’esistenza di quest’ultimo. Ma è con sdegno quasi morboso che Laughton attacca la stupidità dell’uomo: la folla che prima osannava Powell e non ascoltava i ragazzini, alla fine lo vuole linciare perché ha tentato di fare del male agli innocenti. A livello stilistico, è un compendio di trovate visive e influenze cinematografiche: se l’uso artistico della profondità di campo rimanda immancabilmente a Orson Welles, l’uso delle ombre e delle luci (che, grazie alla bravura luministica di Stanley Cortez, sono in perenne contrasto) ricorda da vicino l’espressionismo tedesco: si pensi a sequenze come quella dell’omicidio di Willa, che si svolge in una stanza che sembra collocata in mezzo al nulla e sovrastata da geometrie triangolari opprimenti, o al momento in cui Powell entra nella vita del piccolo John oscurando la sua ombra proiettata sul muro.

È un film decisamente espressionista, ma ci sono anche elementi tipici del surrealismo (il cadavere sott’acqua con gli occhi aperti, i capelli che fluttuano come alghe) e derivazioni dal teatro cinese delle ombre, un’attenzione quasi maniacale per la luce che ricorda il cinema scandinavo e primi piani melodrammatici alla Griffith. Il montaggio magistrale di Robert Golden rilegge i canoni del cinema classico (la scena del furto del cavallo, o il montaggio alternato dell’introduzione), proponendo ellissi vertiginose e straordinari inserti “fuori dalla narrazione”. Laughton sottolinea lo spirito della fiaba nella bellissima sequenza in cui la barca dei bambini scorre sul fiume: la regia mostra gli animali, le creature della notte in primo piano, mentre le luci danno alla scena un tocco decisamente onirico che si proietta in un acqua brillante e senza peso. Il fiume come dannazione infernale, ma anche come salvezza (è il fiume a portare i bambini da Rachel). Straordinarie musiche di Walter Schumann e geniali inserimenti di due inni religiosi tradizionali di grande effetto: Leaning on the everlasting arms e Bringing in the sheaves). Strepitoso Mitchum (le cui nocche, con tatuate le parole Love e Hate, sono divenute leggenda) nel tratteggiare l’emblema stesso del male, ma grandissima anche l’attrice del muto Lillian Gish nel ruolo della donna forte (più forte dello stesso Powell) che smorza le polemiche di misoginia dirette al regista. E che bravi i due bambini! Laughton tentò di girare un altro film (che doveva intitolarsi Il nudo e il morto), ma la Mgm non glielo permise perché questo fu un insuccesso.

Il film pone molte domande e dà poche risposte (M. Morandini), ma è indubbio che sia uno dei più riusciti film sulla forza dell’infanzia mai uscito da Hollywood, una delle più belle favole dark mai raccontate al cinema.

Questa voce è stata pubblicata in 1895 - 1970, Genere Drammatico, Genere Thriller e contrassegnata con , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

2 risposte a La morte corre sul fiume

  1. Pingback: Il Grinta² | Ne ho viste cose…

  2. mich scrive:

    Un capolavoro irripetibile

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *