2061 – Un anno eccezionale

Regia di Carlo Vanzina

con Diego Abatantuono (Professor Ademaro Maroncelli), Emilio Solfrizzi (Nicola Gippone), Sabrina Impacciatore (Mara), Dino Abbrescia (Tony), Stefano Chiodaroli (Grosso), Jonathan Kashanian (Pride), Paolo Macedonio (Salvim), Antonello Costa (Taned), Andrea Osvárt (Unna), Michele Placido (Cardinale Bonifacio Colonna), Anna Maria Barbera (Nunzia), Massimo Ceccherini (Cosimetto), Nini Salerno (Marchese di Villa Sparina), Roberto D’Alessandro (Barone Cirò), Ugo Conti (Shrek), Paolo Cevoli (Moby Dick).

PAESE: Italia 2007
GENERE: Comico
DURATA: 100’

Nel 2061, duecento anni dopo l’Unità, l’Italia è sprofondata in un moderno medioevo ed è di nuovo divisa: al nord regna la Repubblica Longobarda, che ha innalzato un muro sul Po per tutelarsi dai “terroni”; l’Emilia è diventata Repubblica popolare di falce e mortadella; la Toscana è un Granducato dominato dai Della Valle e dai Cecchi Gori; al centro è rinato lo Stato Pontificio, che inquisisce a destra e a manca gli oppositori; infine, il sud è diventato il Sultanato delle due Sicilie, popolato da africani che hanno proclamato lo stato islamico. La nazione viene attraversata da un gruppo di scalcinati patrioti che vorrebbero (ri) unirla.

Il 46esimo film scritto e diretto dai fratelli Vanzina vorrebbe – parlando del futuro prossimo – dipingere un affresco dell’Italia di oggi, becera, corrotta e orfana di veri patrioti; la loro satira, però, annega in un mare di banalità e qualunquismo. Attaccano i vizi dei partiti odierni con grande superficialità, ma nonostante la rozzezza delle trovate ci potrebbe anche stare; il problema è che il loro cinema resta un cinema di abusati luoghi comuni, come dimostra il fatto che, dopo aver sfottuto i sostenitori della Padania, gli danno ragione mostrando che troppi immigrati potrebbero far diventare il sud d’Italia una succursale marocchina. Il problema dei loro film è sempre il medesimo: la loro critica (comunque perennemente all’acqua di rose) perde senso quando  lascia il posto alla demagogia di chi predica bene e razzola male. Per quanto riguarda le influenze, qualcuno ha citato L’armata Brancaleone per la scelta di una squadra di sfigati come eroi, altri hanno scomodato Nell’anno del Signore per i temi rinascimentali e altri ancora direttamente La grande guerra per la redenzione finale dei personaggi. In realtà, è poco utile e poco produttivo scomodare i “santi”: sembra soltanto di essere davanti ad una variazione “brutta” – e ce ne voleva – di Attila flagello di Dio. Regia e fotografia sembrano quelle di una fiction Mediaset, i numeri comici non sono amalgamati con la storia (ammesso che esista) e sembrano più che altro vetrine per i saltimbanchi di Zelig e Colorado (Chiodaroli, Barbera, Cevoli) o, peggio, per i protagonisti della più abietta televisione italica (come Jonathan del Grande Fratello), le risate si fermano a qualche battuta di Abatantuono e al modo in cui quest’ultimo presenta gli attori nel finale. La famiglia di Fabrizio Quattrocchi protestò con la produzione perché una frase del Professore (“Facciamogli vedere come muore un patriota!”) ricorda troppo quella detta dal mercenario italiano prima di morire.

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