Cowboys & Aliens

(Cowboys & Aliens)

Regia di Jon Favreau

con Daniel Craig (Jake Lonergan), Harrison Ford (Woodrow Dolarhyde), Olivia Wilde (Ella Swenson), Sam Rockwell (Doc), Noah Ringer (Emmett Taggart), Paul Dano (Percy Dolarhyde), Clancy Brown (Meacham), Keith Carradine (Sceriffo John Taggart), Adam Beach (Nat Colorado), Ana de la Reguera (Maria), Walton Goggins (Hunt), Abigail Spencer (Alice), Buck Taylor (Wes Claiborne).

PAESE: USA 2011
GENERE: Western, Fantascienza
DURATA: 118’ (135’)

Nell’Arizona del 1873, in un piccolo villaggio sperduto nel deserto, arrivano alieni cattivi in cerca d’oro. La popolazione decide di combatterli, e lo fa con l’aiuto di un pistolero senza memoria e di un arrogante uomo d’affari, ex colonnello dell’esercito.

Perché gli alieni arrivano sempre al giorno d’oggi? Non è forse plausibile che tentino di invaderci anche in altre epoche? Su questa domanda si basa il romanzo grafico di 100 pagine creato da Scott Mitchell Rosenberg nel 2006. Con l’aiuto di ben cinque sceneggiatori, Favreau (regista dei due Iron Man) lo porta su celluloide: il risultato è un western post moderno e crepuscolare in cui i cattivi sono gli alieni. Al di là dell’insindacabile originalità dell’idea – chi mai aveva fuso due generi così lontani come western e fantascienza? – il film si fa apprezzare per ritmo, galleria di personaggi, trovate. Ha il volto di un kolossal ma lo spirito del B-movie (basta vedere il “design” degli alieni), e questo suo non prendersi troppo sul serio lo rende uno dei film più godibili della stagione, uno dei blockbuster più divertenti partoriti sotto l’egida di mastro Spielberg, qui produttore esecutivo (mentre il regista Ron Howard è produttore). Chi si aspettava una cavolatona senza pretese ha sbagliato di grosso: la sceneggiatura rivela riflessioni  più profonde di quanto ci si aspetterebbe (gli alieni sono come i pionieri che “fecero” l’America: cercano l’oro e, anche loro, coltivano il sogno della “frontiera”; a combatterli ci sono bianchi uniti ad indiani), i personaggi funzionano bene pur dentro gli stereotipi (ricco che si ravvede, criminale che diventa buono, prete d’assalto, bambino che diventa un duro), il finale è già visto ma inaspettato, e il film va avanti per due ore senza mai annoiare.

Merito di una sceneggiatura che conosce i tempi dilatati del western, e non fa nulla per modificarli all’insegna delle convenzioni hollywoodiane che la sci-fi odierna imporrebbe: non a caso, la parte più curata è avvincente, è forse proprio quella inerente all’epopea, mentre quella fantascientifica è un po’ più manierata, almeno negli sviluppi dell’intreccio. Interessante notare come, pian piano, il protagonista diventi il “cattivo” Dolarhyde, in quanto più sfaccettato e complesso dell’eroe tipico Lonergan. Favreau ha in mente la classicità di John Ford e la rivisitazione eastwoodiana de Gli Spietati, ma a soffermarsi sulle influenze si rischia di non valorizzare un film che, prima di tutto, è molto originale. Ma anche divertente, a tratti esilarante, qua e là spaventoso. Ottimo cast, buona fotografia di Matthew Libatique, a suo agio anche con gli effetti speciali della Industrial light and magic di Lucas, e belle musiche Harry Gregson-Williams. La versione home video – estesa a 135’ – è quella che vale di più: aggiunge sequenze meno classiche ma più utili a dipingere l’affresco di una comunità, puntando all’epica. Violenza contenuta, o meglio, fumettistica. Per questo motivo è consigliabile sia ai grandi che ai ragazzini.

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