Titanic

(Titanic)

Regia di James Cameron

con Leonardo DiCaprio (Jack Dawson), Kate Winslet (Rose Dewitt Bukater), Billy Zane (Caledon “Cal” Hockley), Kathy Bates (Margaret “Molly” Brown), Frances Fisher (Ruth Dewitt Butaker), Bill Paxton (Brock Lovett), Gloria Stewart (Rose anziana), Bernard Hill (Capitano Edward Smith), Victor Garber (Thomas Andrews), Joanthan Hyde (Joseph Bruce Ismay), David Warner (Spicer Lovejoy), Danny Nucci (Fabrizio De Rossi), Jason Barry (Tommy Ryan), Suzy Amis (Lizzy Calvert).

PAESE: USA 1997
GENERE: Drammatico
DURATA: 187’ (194’)

Cacciatore di tesori americano trova, ispezionando il relitto del Titanic, una collana appartenuta ad una donna di prima classe. La rintraccia, e si fa raccontare cosa accadde quella fatidica notte del 14 aprile 1912: l’amore per un giovane di prima classe, i litigi col promesso sposo e i familiari  benpensanti, l’affondamento.

James Cameron è noto per la sua perseveranza, per il suo desiderio di sperimentare, per un cinema fatto di caratteri forti e numeri esagerati. Questo suo Titanic – al secondo posto degli incassi di sempre, scalzato dalla vetta soltanto da Avatar, dello stesso Cameron – è la vetta di questo work in progressi in cui è intinto il suo cinema. La sua preproduzione iniziò nel 1995, quando il regista salì a bordo di un sottomarino e raggiunse, a quasi 4mila metri di profondità, il relitto di quello che, quando fu inaugurato, era il più grande mezzo di trasporto semovente mai comparso sulla faccia della Terra. Cameron ne filmò i due tronconi (distanti circa 600 metri) in lungo e in largo, poi tornò sulla terra ferma e, finanziato – oltre che da se stesso – da 20th Century Fox e Paramount Pictures, cominciò a ricostruirlo pezzo per pezzo, basandosi su disegni, progetti, testimonianze. Non esistendo nessun teatro di prosa capace di ospitare il “modellino” a grandezza naturale (Cameron ne ricostruì quasi il 90%: 242 metri contro i 269 dell’originale), le due major acquistarono 37mila metri quadrati di spiagge a Rosarito, Messico, inserendo nel mare una vasca cintata che conteneva 76 milioni di litri d’acqua. Non siamo soliti entrare in ambiti produttivi, ne tantomeno elogiare l’ostentazione della ricchezza delle Major, ma questo breve incipit numerico, necessario per comprendere cosa sia stata la lavorazione di Titanic, è la prova lampante della geniale follia (o folle genialità) di un regista che gioca col cinema con il preciso obbiettivo di rendere possibile l’improbabile.

Cameron fonde il melodramma col catastrofico, l’epica con la prosa, e dirige un colosso senza precedenti destinato a diventare una tappa unica all’interno del suo percorso filmico. La prima parte – che dura quasi due ore – è convenzionale, ripetitiva, filmata con estro originale ma senza particolari guizzi, piena di primi piani di DiCaprio che sembrano studiati a tavolino per attirare il pubblico delle 14enni (che, come volevasi dimostrare, ha gradito ampliamente). Qualcuno è arrivato a dire che Cameron l’abbia concepita soltanto per riempire il vuoto prima del naufragio, unica sequenza che davvero gli premeva filmare sin dall’inizio. In realtà, giocando con la conoscenza dello spettatore (che sa benissimo che prima o poi quella nave affonderà) riesce a costruire una sorta di storia romantica in odore di morte, che non appare ma è imminente, la si respira nell’aria. Abbandonato il genere della fantascienza, il regista sposta il potere della sua metafora sul versante “storico”, evidenziando attraverso il microcosmo dei passeggeri del Titanic le peggiori aberrazioni della società post rivoluzione industriale: la disparità delle classi sociali (richiamata, anche visivamente, dai continui contrasti “spaziali” tra “sopra” e “sotto”), l’arroganza di chi – e forse questo è il messaggio più attuale del film – pensa prima alla bella facciata e poi alla sicurezza, la viltà di chi dovrebbe rappresentare il coraggio; ma, per contrappasso, illustra la virtù di chi viene etichettato come “vile”, la bellezza dei ricordi vissuti, magari anche non immortalati, l’ineluttabilità del tempo che spegne il corpo ma non i sentimenti. è, in fin dei conti, un’ennesima rilettura della biblica torre di Babele: l’uomo tenta di avvicinarsi a Dio (il Titanic era noto per essere “inaffondabile”), ma fallisce miseramente; una componente tipica del cinema esagerato ma autoriale di Cameron. Un autore anche perché produce, inventa, scrive e dirige i suoi film da solo. Le critiche sugli effetti speciali come “fine” invece che come “mezzo” (o meglio, la storia in funzione degli effetti speciali) sono legittime: sono state spese parole in ogni dove per stabilire fino a che punto Cameron tenga alle sue storie, che spesso evitano l’originalità in quanto diventano solamente un corollario ai suoi progressi filmico/ tecnologici. Difficile trovare una soluzione alla diatriba, ognuno risolverà il quesito secondo coscienza.

Le critiche sbagliate sono invece quelle che accusano il film di non possedere “un’anima”: si può accusare Cameron di ciò che si vuole (megalomania, eccesso d’enfasi, occhio puntato al botteghino), ma non si può sostenere – come alcuni hanno fatto – che egli non creda in ciò che fa, e che non metta tutto se stesso in ogni progetto. Quanto ai proclami, religiosi e non, che accusarono il regista di “lucrare sulla tragedia”, stendiamo un velo pietoso: sarebbe come rivolgere la medesima accusa a Kubrick per aver fatto tanti soldi girando un film sulla guerra del Vietnam. L’ora finale comunque, quella che inscena l’affondamento, è costruita talmente bene che è impossibile staccarsi dallo schermo mentre la si guarda: perfetto equilibrio di suspense e scrupolo storico, cronaca e thriller. Milioni di romantici piangono ancora. Unico neo del mirabolante finale: il personaggio di Billy Zane, cattivo cattivissimo dall’inizio alla fine, diventa talmente malvagio da apparire poco realistico. È un film di record: i 200 milioni di dollari di costo (più 75 di sovraccosto) ne fanno – non contando l’inflazione – il film più costoso in assoluto; gli undici Oscar vinti (film, regia, fotografia di Russell Carpenter, scene, costumi, montaggio, musiche di James Horner, suono, effetti sonori, effetti speciali visivi, canzone My heart will go on, cantata da Céline Dion) lo portano a pari merito con Ben-Hur e Il ritorno del Re. Bravissimi gli attori, anche il giovane DiCaprio, divenuto immediatamente star e fenomeno di costume. Nel 2012, in onore del centesimo anniversario dell’affondamento, Cameron ha rieditato il film in 3D e l’ha fatto nuovamente uscire nelle sale. Penosa operazione esclusivamente commerciale. Il film dura di più di quanto ci mise la nave ad affondare, ma è difficile annoiarsi. Da vedere.

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