La banda dei Babbi Natale

Regia di Paolo Genovese

con Aldo Baglio (Aldo), Giovanni Storti (Giovanni), Giacomo Poretti (Giacomo), Angela Finocchiaro (Irene Bestetti), Giovanni Esposito (Benemerita), Sara D’Amario (Elisa), Antonia Liskova (Veronica), Lucia Ocone (Marta), Silvana Fallisi (Monica), Giorgio Colangeli (padre di Veronica), Massimo Popolizio (Rigattiere), Linda Caridi (figlia di Giovanni), Mara Maionchi (suocera di Giovanni), Remo Remotti (Barbone), Cochi Ponzoni (cardiopatico).

PAESE: Italia 2010
GENERE: Commedia
DURATA: 100’

La sera della vigilia vengono arrestati tre uomini vestiti da Babbo Natale, intenti ad entrare illegalmente in un appartamento. La commissaria di turno ascolta di malavoglia le loro versioni, e scopre che Aldo è un incallito scommettitore che ama fare il mantenuto, Giovanni un veterinario con due famiglie (una in Svizzera e una in Italia), ognuna all’insaputa dell’altra, e Giacomo è un cardiologo che non riesce a dimenticare l’amata moglie, morta dodici anni prima. Tutti e tre giocano a bocce, e sognano da anni di vincere un torneo paesano. Una serie di coincidenze astruse li porterà a quello che spare proprio un illecito…

Ottavo film col trio comico protagonista, diretto dall’esordiente (aveva fatto soltanto il co- regista) Genovese e prodotto da Paolo Guerra e Giuseppe Viggiano. Come il precedente Chiedimi se sono felice, si basa su una struttura circolare che parte dalla fine e ripercorre, attraverso l’uso del flashback, la vicenda dall’inizio. Accantonata definitivamente la comicità surreal farsesca degli esordi (Tre uomini una gamba e Così è la vita), i tre vanno verso la commedia sofisticata, abbandonando quasi completamente lo slapstick ma non le situazioni assurde. Gli va dato atto che tentano di rinnovarsi, ma si tratta di un film non riuscito: non c’è accumulo, ma c’è anche meno divertimento; la storia è fin troppo prevedibile, e dopo dieci minuti si comprende dove andrà a parare l’intreccio; il finale è decisamente amorale, un po’ squallido e troppo leggero rispetto ai temi che tratta; il personaggio di Giovanni, il più negativo della sua carriera, andava approfondito meglio, in modo meno superficiale; per quanto riguarda invece la forma, il regista vorrebbe puntare ad un realismo che mancava ai film precedenti, ma non resiste agli echi del passato e le spara troppo grosse (una scimmia guida un auto, una donna entra in casa col paracadute). Il registro realistico e quello grottesco non vanno d’accordo quasi mai. Suona come un’occasione mancata, ma ci si può comunque divertire: da antologia la sequenza in cui Giovanni si arrabbia perché non riesce a parlare con la moglie e quella in cui Aldo, vestito come Neo in Matrix (“ho i capelli perché quella che vedi è l’immagine residua di me”), entra nei sogni di Giacomo per sollevarlo dalla depressione. Qualche pennata politicamente scorretta non manca (Giovanni che maltratta gli animali come se niente fosse), l’ambientazione natalizia e innevata è suggestiva (fotografia preziosa di Giovanni Fiore Coltellacci), ma la consueta scelta di non agganciarsi all’attualità questa volta non premia: la sceneggiatura da troppo nel vago. E la trovata delle due famiglie si era già vista nel film E allora…mambo! con Luca e Paolo. Tra i tre comici di testa il migliore, più spontaneo, è Aldo, mentre tra i comprimari spicca una simpatica Finocchiaro. C’è anche una citazione colta da Il grande Lebowski. Grande successo di pubblico, anche perché è uscito 8 giorni prima di Natale.

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