Cantando sotto la pioggia

(Singin’ in the Rain)

Regia di Stanley Donen, Gene Kelly

con Gene Kelly (Don Lockwood), Donald O’Connor (Cosmo Brown), Debbie Reynolds (Kathy Selden), Jean Hagen (Lina Lamont), Millard Mitchell (R. F. Simpson), Cyd Charisse (ballerina in verde), Douglas Fowley (Roscoe Dexter), Rita Moreno (Zelda Zanders), King Donovan (Rod), Richard Emory (Phil), Bobby Watson (maestro di dizione), Harry Tenbrook (tecnico del suono).

PAESE: USA 1952
GENERE: Musical
DURATA: 103’

A Hollywood, a cavallo tra gli anni ’20 e gli anni 30’, il ballerino attore Don Lockwood conosce il fiasco col suo primo film parlato. Per rilanciarlo decide di trasformarlo in un musical, ma la sua antipatica partner, Lina Lamont, ha la voce di una gallina… Che fare?

Scritto da Adolph Green e Betty Comden e coreografato da Donen e Kelly, è probabilmente il miglior film musicale mai uscito da Hollywood. Non è soltanto un frizzante, brioso, magnifico spettacolo per gli occhi e le orecchie, ma è anche uno dei primi film che affronta con spirito autoironico ed effervescente il momento storico del passaggio tra cinema muto e cinema sonoro, un periodo in cui chi aveva una voce poco adatta allo schermo vedeva davanti a sé un futuro opaco. Ma non c’è nostalgia, né tantomeno malinconia: c’è un ottimismo contagioso e aperto al nuovo che straripa energia e incanta ancora oggi per la sua forza prorompente. Ogni numero musicale è studiato come un piccolo film a sé stante, col proprio stile e la propria scenografia, ma l’armonia tra le parti e il tutto è perfetta. Il superbo lavoro visivo degli scenografi Jacques Mapes, Edwin B. Willis e Harry McAfee, sottolinea il concetto di cinema come finzione e intrattenimento: gli edifici e le strade, tutti ricostruiti in studio, esplicitano la propria inverosimile perfezione fiabesca e diventano un tripudio cromatico senza eguali; merito anche della fotografia straordinaria di Harold Rosson. La regia di Donen e Kelly prosegue sulla stessa falsariga, rivelando – in modo anomalo per un film hollywoodiano – la presenza di un autore demiurgo che tira i fili: come dire, lo spettacolo è “finto”, irreale, ma è spettacolo e quindi va vissuto in pieno.

Molte, quasi tutte, le sequenze che non si scordano: dall’introduzione in cui Lockwood ripercorre la sua gavetta artistica (lui parla di grandi successi mentre invece le immagini mostrano clamorosi flop) al numero acrobatico di Donald O’Connor sulle note di Make ‘em Laugh – in italiano Ma che fa –, plagio della canzone Be a Clown di Cole Porter; dai tentativi di dizione della gracchiante Lina Lamont al celeberrimo balletto onirico retto da una Cyd Charysse in verde (poi in bianco) incredibilmente sexy; dall’invenzione del doppiaggio dopo la famosissima Good Morning al numero musicale più noto della storia del cinema, ovvero il balletto “acquatico” di Kelly sulle note di Singin’ in the Rain, canzone senza padrone cantata per la prima volta da Doris Eaton Travis nel 1929 (in The Hollywood Music Box Revue). Interpreti eccezionali, guidati da un Kelly straripante e sorridente, da un O’Connor di una simpatia contagiosa e da una Reynolds tenerissima e dolce. I numeri di danza dei primi due, che a tratti paiono fluttuare nell’aria, sono tra i migliori pezzi di cinema della storia. Ad eccezione della canzone scioglilingua Moses, tutti i brani arrivano da altri film; ma Kelly e Donen sono così bravi a renderli funzionali alla storia che sembrano scritti apposta per la pellicola. Le loro esecuzioni furono affidate a specialisti come Nacio Herb Brown, Roger Edens, Al Goodhart e Al Hoffman. Una curiosità: quando, nel film, la Reynolds doppia i dialoghi della Hagen, è in realtà quest’ultima che doppia i dialoghi della prima che doppia lei. Prodotto dall’attore, cantante e tycoon Arthur Freed per MGM, non vinse nemmeno un Oscar, ma è forse la miglior commedia musicale di tutti i tempi.

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2 risposte a Cantando sotto la pioggia

  1. cinefobie scrive:

    Ho appena finito di vederlo. Davvero un film splendido che spiega molto del cinema che lo ha seguito. Recensione impeccabile.

  2. Pingback: The Artist | Ne ho viste cose…

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