Don Camillo e l’onorevole Peppone

Regia di Carmine Gallone

con Fernandel [Fernand Contandin] (Don Camillo), Gino Cervi (Giuseppe “Peppone” Bottazzi), Claude Sylvain (Clotilde) Leda Gloria (Maria, moglie di Peppone), Umberto Spadaro (Bezzi), Memmo Carotenuto (lo spiccio), Guido Celano (il maresciallo), Marco Tulli (Lo smilzo), Giovanni Onorato (il lungo), Carlo Duse (il Bigio), Luigi Tosi (il prefetto), Saro Urzì (il Brusco), Stefano Alberici (il figlioletto di Peppone), Gaston Rey (Bollini).

PAESE: Italia 1955
GENERE: Commedia
DURATA: 97’

Dopo averlo aiutato a superare l’esame di quinta, Don Camillo vede Peppone diventare deputato e partire per Roma. Lo convincerà a restare al paesino e a continuare a fare il sindaco…

Terza avventura – dopo Don Camillo (1952) e Il ritorno di Don Camillo (1953) – dei celebri personaggi inventati da Giovannino Guareschi negli anni ‘40. La regia passa da Duvivier a Gallone, la produzione diventa tutta italiana (l’unico francese, stavolta, è Fernandel) e la sceneggiatura viene affidata direttamente all’autore dei racconti. Non mancano risate e sequenze impareggiabili – l’esame di Peppone, il flashback del primo incontro tra il sindaco comunista e il prete d’assalto, lo spunto patriottico di Peppone che ascolta La leggenda del Piave, il furto del carro armato americano, la poetica “gara in bici” finale – ma il film non funziona per diverse ragioni: gli screzi tra i due protagonisti tornano, come nel primo capitolo, umanamente poco credibili (Peppone vuol far saltare un ponte, Don Camillo lo ricatta abitualmente, ecc); le bravate del parroco, che si allea pure con la DC (!), diventano un po’ troppo cattivelle e maliziose, e il fatto che egli sia comunque sempre rappresentato come il personaggio più simpatico fa capire che lo sguardo narrante diventa un po’ troppo parziale (reazionario?): lo dimostrano anche le frasi, per la prima volta faziose e non obbiettive, del narratore, spesso impegnato a irridere i comunisti. Cosa quantomeno strana, in quanto lo sceneggiatore Guareschi si era fatto un anno di carcere dopo aver diffamato Alcide De Gasperi, che lo querelò e vinse. Ma al di là dei deprecabili sottintesi politici, ciò che stride maggiormente con lo spirito dei personaggi è il loro cambiamento “morale”: gli screzi non celano più una passione civica condivisa, bensì il gusto del dispetto personale fine a se stesso. E, di conseguenza, la popolazione non è più rappresentata come protagonista ma come corredo silenzioso delle loro scorribande. L’unica nota positiva, a parte i sempre strepitosi duetti mimici e verbali di Cervi e Fernandel, sta nella scelta produttiva di girare nuovamente in esterni (a Brescello) invece che nei teatri di posa di Cinecittà, dove fu girato quasi interamente il secondo capitolo. Una scelta che ridà alla saga quello spirito rurale che sembrava avere perso. Regia anonima ma diligente, specialmente nelle scene notturne (fotografia di Anchise Brizzi). Sempre fresco il tema musicale di Alessandro Cicognini. Carlo Romano ed Emilio Cigoli tornano a doppiare rispettivamente Don Camillo e il narratore, mentre la voce del Cristo passa da Ruggero Ruggeri (scomparso nel 1953) a Renzo Ricci. Seguito da Don Camillo monsignore… ma non troppo (1961).

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2 risposte a Don Camillo e l’onorevole Peppone

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