Il compagno Don Camillo

Regia di Luigi Comencini

con Fernandel [Fernand Contandin] (Don Camillo), Gino Cervi (Giuseppe “Peppone” Bottazzi), Saro Urzì (Brusco), Gianni Garko (Nanni Scamoggia), Graziella Granata (Nadia Petrovna), Marco Tulli (Smilzo), Silla Bettini (Bigio), Marina Morgan (giostraia), Ettore Geri (Yenka Oregov), Paul Muller (sacerdote russo), Alessandro Gottlieb (Ivan), Leda Gloria (Maria Bottazzi), Jacques Herlin (consigliere Benelli), Salvatore Campochiaro (il notaio).

PAESE: Italia 1965
GENERE: Commedia
DURATA: 109’

Alla fine di Don Camillo monsignore… ma non troppo (1961) li avevamo lasciati uno monsignore e l’altro senatore. In questo quinto capitolo, Don Camillo e Peppone tornano ad essere – inspiegabilmente – parroco e sindaco della piccola Brescello (Reggio Emilia). Quando il secondo parte per la Russia, ansioso di firmare un gemellaggio, il primo lo segue “travestito” da compagno. Uno capirà che nessun posto è bello come casa propria, l’altro dovrà ricredersi sulle condizioni di vita sovietiche…

Quinto capitolo della serie che narra gli screzi tra il parroco destrorso e il sindaco comunista, l’ultimo con protagonista la coppia Cervi- Fernandel. Guadagna qualche punto rispetto al quarto (Don Camillo monsignore…ma non troppo): la sceneggiatura – ancora di Leo Benvenuti e Piero De Bernardi – è meno frammentaria e la narrazione più fluida; le trovate, sia sul registro comico (Camillo vestito da sovietico per ¾ di film, le gare di vodka, il finale con ennesimo scambio di ruoli) che su quello drammatico (la visita alla tomba del fratello del Brusco), funzionano e, finalmente, si ride di nuovo, cosa che incredibilmente non accadeva più nel capitolo precedente. Alcuni critici lo considerano il più reazionario del quintetto (e il romanzo di Guareschi da cui è tratto effettivamente lo è), ma al di là di qualche frecciata iniziale – Peppone è ancora comunista ma si è imborghesito, il trattore sovietico non parte finché Don Camillo non lo benedice – il film pian piano diventa il più progressista della saga: i russi chiuderanno anche la chiesa del paese, ma non fanno affatto una brutta figura, anzi. Comencini lo girò per forza per estinguere i debiti che aveva col produttore Rizzoli (che, si dice, gli pignorò addirittura i mobili della casa), ma il suo stile resta comunque più vicino all’eleganza di Duvivier (regista dei primi due) che alla piattezza televisiva di Gallone (che diresse il terzo e il quarto). Due curiosità: il finto cognome che Don Camillo usa per partire – Tarocci – era in realtà il vero nome del parroco nei racconti originali di Guareschi; il paese di Brescello viene verbalmente nominato soltanto in questo quinto capitolo. Riccardo Cucciolla presta per la prima ed ultima volta la voce al narratore (prima di lui, Emilio Cigoli e Sergio Fantoni). Carlo Romano doppia ancora Don Camillo, Renzo Ricci il crocifisso. Belli i titoli di testa disegnati, opera di Iginio Lardani (che curò anche le introduzioni animate dei film che compongono la trilogia del dollaro di Leone). Divertente, frizzante, non sfigura accanto ai primi due. Il sesto capitolo della serie – Don Camillo e i giovani d’oggi, 1971 – fu sospeso per la morte di Fernandel e girato ex novo da Mario Camerini con Gastone Moschin e Lionel Stander: un mostruoso fiasco, a riprova del fatto che l’accoppiata Fernandel- Cervi rimane insostituibile. Sono loro la vera ragione della serie.

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