Edward mani di forbice

(Edward Scissorhands)

Regia di Tim Burton

con Johnny Depp (Edward), Winona Ryder (Kim Boggs), Dianne Wiest (Peggy Boggs), Alan Arkin (Bill Boggs), Anthony Michael Hall (Jim), Kathy Baker (Joyce Monroe), Robert Oliveri (Kevin Boggs), Conchata Ferrell (Helen), Caroline Aaron (Marge), Dick Anthony Williams (Agente Allen), O-Lan Jones (Esmeralda), Vincent Price (L’inventore).

PAESE: USA 1990
GENERE: Fantastico
DURATA: 101’

Anziano ed eccentrico inventore che vive in solitudine in un arroccato castello costruisce un essere umano ma muore poco prima di potergli dare un paio di mani. Al posto delle estremità, il giovane e gentile Edward si ritrova così con delle gigantesche forbici. Adottato da una tipica famigliola americana cerca di inseguire il sogno di una vita normale, ma l’impossibilità di relazionarsi con gli altri, dovuta al fatto che non può toccare nessuno senza fargli del male, e la stupidità della società cosiddetta civile, lo ricondurranno ad un’esistenza solitaria nel suo castello…

Il quarto film di Tim Burton, che si era già fatto apprezzare per Beetlejuice e il primo Batman, è anche il suo primo film d’autore, quello in cui le suggestioni viste nei film precedenti maturano e vanno a delineare una poetica precisa. C’è l’amara riflessione sulla solitudine del diverso, ci sono la simpatia e la tenerezza per i reietti e i mostri e il terrore (e nessuna pietà) per i cosiddetti normali; c’è il potere salvifico del racconto fantastico (non a caso la storia di Edward è raccontata da un’ormai anziana Kim alla nipotina), unico antidoto possibile alla mostruosità ordinaria della vita di tutti i giorni; c’è un affascinante gusto registico e scenografico che mescola l’espressionismo tedesco e i fumetti, l’horror in bianco e nero degli anni ‘40 e ‘50 e quello degli anni ’80, Frankenstein di Mary Shelley e Metropolis di Fritz Lang. Favola dolce e crudele, racconto gotico dai toni decisamente dark, è un canto d’amore spassionato verso gli outsider che vivono ai margini di una società che, purtroppo o per fortuna, non li vuole. Ma non va sottovalutato nemmeno il suo potere satirico, che nella costruzione di una cittadina apparentemente perfetta – ma in realtà ipocrita, colorata in modo finto, uniforme e pettegola – mette a segno parecchie frecciate sull’american way of life e sul suo modo aberrante di trattare il “mostro”: prima novità eccitante da sfruttare, poi nemico spregevole da eliminare. Il sottofinale utilizza una serie di stereotipi emozionali molto hollywoodiani, ma l’inaspettata e non lieta risoluzione dell’intreccio ne fa un film decisamente originale ed affascinante, molto poco “classico” nel rifiutare qualsiasi catarsi. Divertente, tenero, commovente, mai cinico, è entrato nell’immaginario collettivo grazie ad una perfetta, tenerissima interpretazione di Johnny Depp (che si ispira nel trucco a Robert Smith, cantante dei Cure, e inizia qui la sua lunga collaborazione con il regista) e ad alcuni particolari – come le sculture topiarie di Edward – che non si dimenticano facilmente. Grande prova, magistralmente diretta, del 79enne Vincent Price. Al quarto film, Burton consolida definitivamente il suo legame lavorativo col compositore Danny Elfman e trova alcuni dei collaboratori che diverranno imprescindibili per le sue opere future: il curatore degli effetti speciali Stan Winston e la costumista Colleen Atwood. Bella fotografia di Stefan Czapsky e ottimo lavoro scenografico di Bo Welch. Da vedere, con tutta la famiglia riunita.

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