Dieci anni senza X-Files

“The truth is out there”

X Files

In realtà gli anni sono undici. L’ultimo episodio, infatti, andò in onda il 25 agosto 2002 in Italia. Ma, se vogliamo essere precisi, il “corso” di X-Files è terminato soltanto il 21 dicembre dell’anno passato, quel 21 dicembre 2012 in cui doveva avvenire l’invasione aliena e invece – siamo qui a dimostrarlo – non è accaduto nulla. Ciò che conta, comunque, è che da ormai più di due lustri il palinsesto televisivo è orfano di una delle serie più note, apprezzate, affascinanti che la storia della televisione ricordi. La mia generazione, nata negli anni ’80, è cresciuta spaventandosi davanti a questa serie tv che mescolava horror e fantascienza, fantasy e thriller, indagine poliziesca e scavo psicologico. X-Files è probabilmente l’unica serie che è riuscita ad arrivare alla veneranda età delle nove stagioni, e non inventiamoci che i tempi erano diversi e il pubblico apprezzava di più. Anche negli anni ’90, se una serie tv non soddisfaceva i parametri dell’audience veniva chiusa senza troppi complimenti. E X-Files non è mai calata, almeno non tanto da giustificare una chiusura. Certo, le ultime due stagioni furono – almeno qualitativamente – inferiori alle prime sette, e i motivi sono davanti agli occhi di tutti: in primis l’assenza di Mulder, vera anima della serie senza la quale veniva a mancare un punto di vista ironico e sognatore sugli eventi; ma la colpa fu certamente anche degli autori: ci fu un vistoso calo di idee, e la svolta spiritual-religiosa (specialmente nella nona stagione) non piacque ai puristi. Ma, nonostante tutto, X-Files non divenne mai “inguardabile” come invece accadde (e accade) a molte serie tv tirate per le lunghe, e ancora oggi rimane probabilmente la miglior serie di fantascienza di tutti i tempi.

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Nata da un’idea di Chris Carter, prodotta dalla Fox e accompagnata dalla suggestiva musica del compositore Mark Snow, la serie fece la sua prima apparizione il 10 settembre del 1993 (in Italia arrivò il 29 giugno dell’anno seguente). L’agente dell’Fbi Dana Scully, medico che ha fiducia soltanto nella scienza, viene spedita a “controllare” il pittoresco Fox Mulder, agente federale specializzato in casi anomali (“X-Files”) deriso da tutti perché fermamente convinto dell’imminente arrivo degli alieni. Nonostante sia stato relegato in un buio ufficio nel sottoscala dell’Fbi, in pieno stile fantozziano, e nonostante le umiliazioni subite da colleghi e superiori, Mulder continua a cercare la verità, andando spesso contro quello stesso governo che gli garantisce la busta paga. Subito titubante, Scully dovrà presto ammettere che le teorie cospirative di Mulder sono tutt’altro che baggianate, e i due agenti si ritroveranno fianco a fianco nella ricerca della verità, rischiando spesso le loro stesse vite. Le bellissime ambientazioni (che vanno dal deserto del Nevada ai palazzi del potere di Washington, dalle piccole cittadine della sonnacchiosa (?) periferia americana ai quartieri residenziali della borghesia di New York) unite a due personaggi perennemente in contrasto ma rispettosi l’uno dell’altro (che simboleggiano due differenti modi di porsi davanti all’inspiegabile) e ad uno stile pauroso e intriso di misteri e complotti, fecero subito il botto e conquistarono il pubblico. Carter seppe mescolare abilmente leggende metropolitane e teorie complottiste, storielle folcloristiche e fantapolitica, tutto all’insegna di una sana passione per ciò che è occulto, ambiguo, nascosto.

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Ma X-Files nascondeva anche un (più o meno) velato messaggio politico e sociale che suggeriva alle masse di svegliarsi, di smetterla di dare per buone le verità dei governi e di divenire cittadini responsabili e critici, capaci di domandarsi “cosa c’è dietro la facciata”. Sicuramente al giorno d’oggi – in cui la rete ha creato il fenomeno del complottismo più pacchiano e volgare – X-Files apparirebbe come un’ennesima boiata che vede complotti ovunque; ma, negli anni novanta (in cui forse c’era meno democrazia virtuale ma c’erano anche meno blogger con la verità in tasca su tutto), X-Files arrivò come una boccata d’aria fresca nel deserto. Carter concepì un filone narrativo principale, in cui Mulder e Scully indagavano su un possibile complotto tra governo occulto e alieni, e un filone secondario, quello che ospitava i cosiddetti “casi della settimana”. Così facendo i creatori della serie poterono non solo dilatare le stagioni, bensì’ anche differenziare le storie fuggendo alla monotonia e gettare nel calderone dei “documenti x” qualsiasi suggestione misteriosa che gli venisse in mente. Ben prima delle ridicolaggini di Mistero (programma abilissimo nel delegittimare qualsiasi evento misterioso mai apparso sul pianeta), Carter & co raccontarono, non senza una robusta dose d’ironia, leggende urbane o mitologiche come l’uomo falena, il diavolo del New Jersey, il babau, il lupo mannaro, il vampiro, il mostro di Frankenstein, ecc… Non solo: con intelligenza e fine umorismo vennero concepiti episodi “speciali” che sono delle vere e proprie chicche, come quelli comici e parodici (il migliore è Bad Blood, della quinta stagione), meta cinematografici (Hollywood A.D. della settima), episodi ambientati nel passato (Travelers, quinta) o addirittura nella Storia (Triangle, sesta).

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Fox Mulder (David Duchovny) e Dana Scully (Gillian Anderson) restano gli emblemi più caratteristici della serie, ma anche tra i comprimari spiccano personaggi particolarmente riusciti: l’informatore Deep Throat (che, guarda caso, porta lo stesso nome dell’uomo che portò al Watergate), il vice direttore Skinner, l’agente Doggett, i Lone Gunmen, il giovane genio Gibson. Ma, soprattutto, il celeberrimo “uomo che fuma”, alias C.G.B. Spender, “cattivo” del governo ombra che con la sua ambiguità diventa uno dei simboli più riusciti della banalità del male. Questo piccolo burocrate del terrore che governa il mondo senza mai mostrarsi rappresenta alla perfezione la paura della verità e sottolinea gli aspetti politici della serie. Quanti uomini che fumano ci sono nel mondo? Dietro ai presidenti, ai ministri, alle multinazionali? Egli è il male non tanto per ciò che fa, ma per come impedisce al cittadino medio di avvicinarsi alla conoscenza delle cose.

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Tirando le somme, dopo undici anni di assenza, possiamo affermare senza ombra di dubbio che X-Files ci manca. Non c’è stata una serie in grado di competere con essa, e forse non ci sarà più. Il bellissimo spin-off The Lone Gunmen, con le avventure dei tre amici hacker di Mulder, è una tappa assolutamente imperdibile per i fan della serie principale, ma purtroppo non esiste in italiano e, peggio ancora, è stata soppressa a metà della prima stagione. Fossi in voi, comunque, non me la perderei. L’unica consolazione per i fan può essere a questo punto Fringe, da poco giunta all’ultimo episodio e trasmessa da Italia 1 in chiaro. Una serie sicuramente apprezzabile, simile a X-Files ma allo stesso tempo molto diversa ed originale. Ve la consiglio. E, se proprio non potete farne a meno, in giro ci sono i cofanetti di tutte le stagioni di X-Files. Certo, dovete spendere qualche soldo, ma sicuramente ne vale la pena. Anche perché tra dieci o vent’anni, quando vi verrà voglia di spaventarvi guardando qualcosa di unico, saprete cosa infilare nel lettore dvd.

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