Godzilla³

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Regia di Gareth Edwards

con Aaron Taylor-Johnson (Tenente Ford Brody), Ken Watanabe (Professor Ichiro Serizawa), Sally Hawkins (Dottoressa Wates), Bryan Cranston (Joseph Brody), David Strathairn (Ammiraglio Stenz), Elizabeth Olsen (Elle Brody), Juliette Binoche (Sandra Brody), Carson Bolde (Sam Brody), Richard T. Jones (Russell Hamtpon).

PAESE: USA 2014
GENERE: Fantascienza
DURATA: 123’

Giappone, 1999. Qualcosa di misterioso porta alla distruzione di una centrale nucleare. Quindici anni dopo si scopre che il colpevole della tragedia, un gigantesco mostro preistorico rinato dalle viscere della Terra e ghiotto di energia nucleare, sta per riattivarsi e riprodursi. Mentre gli eserciti si affannano per eliminare lui e la “consorte”, dal mare arriva a ristabilire l’ordine naturale il leggendario Godzilla…

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32esimo film sul lucertolone giapponese, il secondo americano dopo quello – mediocre – di Roland Emmerich nel 1998. Raro caso di mostro ideato con precisi significati simbolici (metafora dell’energia nucleare), Godzilla è radicalmente cambiato nel corso degli anni: nel 1954, anno del primo film, era cattivo perché cattiva era considerata l’atomica, annientatrice del Giappone nel 1945 e simbolo dell’arroganza USA; poi, col passare degli anni e la nuclearizzazione giapponese, divenne buono e iniziò a lottare contro altri mostri cattivi. Infischiandosene – grazie a Dio – del film di Emmerich, il 39 enne Edwards – già autore del pregevolissimo Monsters (2010) – si rifà al filone classico, evidenziando tuttavia il paradosso di un paese che nell’atomica ha visto la fine ma che, nonostante tutto, su di essa ha deciso di basare la propria economia. È un film sul desiderio umano di controllare la natura (cosa che l’uomo fa producendo energia atomica), un desiderio inevitabilmente cancellato dalla potenza della natura stessa. “L’arroganza dell’uomo è pensare che la natura sia sotto il nostro controllo e non il contrario”, dice il professore, ed è in questa frase che si cela il senso del film: Godzilla combatte i mostri non perché è buono o amico degli umani, quanto perché è nella sua natura farlo. Siamo solo fortunati ad essere dalla parte giusta del campo di battaglia. Questa sorta di Godzilla tematicamente “maturo” non ha fatto impazzire la critica “alta”, e in effetti alcuni stereotipi proto hollywoodiani sono talmente stracchi da diventare insostenibili. Ma se si chiude un occhio sulle inverosimili vicissitudini del giovane protagonista (è sempre al posto giusto nel momento giusto, ed è ovvio dal primo minuto che per la sua famiglia il lieto fine sarà d’obbligo) e sull’imbarazzante inespressività del giovane attore che lo interpreta, allora ci si godrà un buon action fantascientifico che fa anche pensare, un polpettone che vola alto ma che risulta estremamente godibile, coinvolgente, divertente senza per forza cercare la battutone in stile Armageddon.

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E poi sarebbe da stolti non apprezzare il talento visivo di Edwards, capace di riflettere anche visivamente gli stati d’animo di uomini e mostri e di concepire scene davvero suggestive ed emozionanti (su tutte, i paracadutisti che atterrano su una San Francisco infernale e semidistrutta). Ma, soprattutto, di smuovere l’emotività senza ricorrere ad espedienti troppo facili, come ad esempio quello di mostrare la distruzione di monumenti famosissimi e conosciuti dallo spettatore (il Colosseo, la tour Eiffel, New York). Cosa che da sempre fa Emmerich e che invece – se si esclude una vertiginosa scena sul Golden Gate Bridge – Edwards evita coraggiosamente. Riuscendo comunque a terrorizzare e coinvolgere, e non è poco. Così come coraggiosa è la scelta di dare al mostro un design demodè, vicinissimo ai primi, rudimentali film giapponesi (dei quali questo è un accorato omaggio) e lontanissimo dalle mode jurassicparkcloverfieldiane degli ultimi anni. Alcuni temi già visti in Monster – l’impossibilità di applicare alla natura il concetto di bene/male, l’ampio respiro dell’incontro/scontro tra il piccolissimo (in questo caso, l’uomo) e l’enorme (la natura) – e una regia sobria e lontanissima dall’abusata estetica videoclippara che tanto fa vendere oggi, sono elementi che fanno di Edwards, appena al secondo film, un autore. Uno dei pochi del panorama fantascientifico odierno. Tra gli sceneggiatori si leggono i nomi di David S. Goyer e – udite, udite – Frank Darabont. Musiche di Alexandre Desplat, abituale collaboratore di Wes Anderson. Se andate al cinema con l’intenzione di vedere Godzilla rivisto da Bergman, lasciate stare. Se però siete – come noi eravamo – convinti di andare a vedere un film “ignorante”, vi ritroverete piacevolmente sorpresi. L’ignoranza c’è, tranquilli. Ma c’è pure qualcos’altro.

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