The Wolf of Wall Street

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Regia di Martin Scorsese

con Leonardo Di Caprio (Jordan Belfort), Jonah Hill (Donnie Azoff), Margot Robbie (Naomi Lapaglia), Jean Dujardin (Jean-Jacques Saurel), Matthew McConaughey (Mark Hanna), Rob Reiner (“Mad” Max Belfort), Jon Favreau (Manny Riskin), Kyle Chandler (Patrick Denham), Joe Bernthal (Brad), Ethan Suplee (Toby Welch), Shea Whigham (Capitano Ted Beecham), Spike Jonze (Dwayne).

PAESE: USA 2013
GENERE: Drammatico
DURATA: 180′

Nato di umili origini, il giovane Jordan Belfort ha un solo scopo nella vita: guadagnare un mucchio di soldi. Ci riesce diventando uno speculatore azionario a Wall Street. Nel mentre, nani e ballerine, alcol, droga e sesso a palate. Finirà per denunciare i suoi ex colleghi e per farsi tre anni in una prigione federale.

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Tratto da una (incredibile) storia vera, raccontata dallo stesso Belfort nella sua omonima autobiografia, scritta in carcere. Nel metterla in immagini, su sceneggiatura di Terence Winter, Scorsese torna allo stile iperbolico e potente dei suoi film migliori. Non è un caso che al regista italoamericano interessi una storia simile: i “lupi” di Wall Street, nella loro abulica e smisurata sete di potere e nel loro osceno e bestiale (nel senso che ha della bestia) desiderio di “farsi” di qualunque cosa (droga, sesso, soldi), ricordano da vicino i gangster di Quei bravi ragazzi. Se possibile, però, lo sguardo è ancora più distaccato, e lo è almeno per due ragioni: 1) ciò che fanno questi lupi è quasi sempre legale (o comunque accettato); 2) la gente li ammira, vorrebbe essere come loro, li considera vincenti. Film duro, a tratti indecente, che viaggia sul parallelismo sesso/soldi mostrando un mondo in cui i due elementi si accavallano e sono regolati dallo stesso concetto di fondo: espressioni meccaniche e per nulla erotiche dei più bassi, squallidi, nauseabondi istinti umani.

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Sia quando copula che quando specula, Belfort è un prodotto dalla stessa logica che muove il cane che si attacca alla gamba. Per questo non meritiamo di essere salvati, non c’è redenzione né catarsi. C’è solo la contemplazione (ma sarebbe meglio dire “autopsia”) dell’ultimo, grande fraintendimento del sogno americano: che il capitalismo sia la via giusta (forse l’unica) per avere successo. Lo sguardo “dall’interno”, fisso sull’abietto protagonista, porta ad un montaggio (di Thelma Schoonmaker) indiavolato, forsennato, sovreccitato, come un trip di cocaina o una scopata selvaggia. E infatti nelle ultime battute del film, in cui Belfort è sobrio, anche il montaggio si quieta, si calma, rallenta. Passata la boa dei settanta, Scorsese sa essere ancora potente, immaginifico, capace (come solo i narratori di razza sanno fare) di racchiudere mille spunti in una sola inquadratura e di alternare il grottesco spinto (i discorsi di Belfort, il suo trip finale in casa) ad un iperrealismo che il cinema hollywoodiano ha perso da anni. E non mancano, come sempre, le citazioni colte (Quarto potere).

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Dura tre ore, ma è impossibile accorgersene. Gran parte della critica attacca lo sfoggio di tette e culi e le 506 volte in cui viene detta la parola “fuck”, senza accorgersi che fa tutto parte del gran ballo dello squallore che vuole essere il film. Se proprio gli si vuole rimproverare qualcosa, è una certa ripetitività nel sottolineare i messaggi (sarebbero stati chiari comunque con due o tre amplessi e uno o due discorsi di Belfort in meno), ma è un qualcosa che capita ai grandi narratori quando diventano vecchi e, forse, temono di essere fraintesi. Come in tutti i capolavori di Scorsese, fondamentale dimensione musicale. Il presentatore dell’ultima sequenza è il vero Jordan Belfort. Titanica interpretazione di Di Caprio, non soltanto per le sfumature della sua prova ma per il coraggio con cui sgretola la sua immagine di divo macho e sex symbol. Insopportabile invece l’interpretazione di Jonah Hill, ma forse era proprio quello che voleva il regista. Da vedere, ma non è un film per tutti.

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Una risposta a The Wolf of Wall Street

  1. Emilio2899 scrive:

    Grandissimo film, uno Scorsese in gran forma come ai tempi di “Quei bravi ragazzi” e “Casinò”… insieme a questo Twows io la considero una seconda “trilogia del dollaro” ahah

    Secondo me Jonah Hill è stato fantastico nel recitare e rendere insopportabile il suo personaggio, proprio come hai fatto notare 🙂

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