Velluto Blu

(Blue Velvet)Blue Velvet - Cover

Regia di David Lynch

con Kyle MacLachlan (Jeffrey Beaumont), Isabella Rossellini (Dorothy Vallens), Dennis Hopper (Frank Poole), Laura Dern (Sandy Williams), George Dickerson (detective Williams), Hope Lange (signora Williams), Priscilla Pointer (signora Beaumont), Dean Stockwell (Ben), Jack Nance (Paul), Frances Bay (zia Barbara), Brad Dourif (Raymond), Jack Harvey (Tom Beaumont).

PAESE: USA 1986
GENERE: Nero
DURATA: 120′

A Lumberton, sonnacchiosa cittadina di provincia, il giovane Jeffrey rinviene in una radura un orecchio mozzato. In tempo zero si ritroverà protagonista di una sarabanda di inaudita violenza e perversione…

Quarto film di Lynch, cult per almeno una generazione di critici e tappa imprescindibile per i fan del regista. Anticipa quei temi che, pur edulcorati per il pubblico televisivo, consacreranno il successo de I segreti di Twin Peaks: l’idea di un’America di provincia (apparentemente) sonnacchiosa e paciosa che nasconde in realtà le peggiori mostruosità e perversioni; una struttura da telenovelas per casalinghe rivista con uno sguardo irresistibile che sta tra il grottesco e il surreale e si carica di sottotesti violenti e inquietanti; un’atmosfera stranita che attinge alla sfera emozionale del sogno (incubo?); e poi tende rosse, velluti blu, canzonette spensierate e nostalgiche (Blue Velvet, appunto) in contrasto con l’abisso della malvagità umana, personaggi talmente perversamente esagerati da finire per essere perfettamente verosimili. Un incubo dalle tinte pastello in cui la mostruosità non è un qualcosa di ALTRO rispetto alla normalità, quanto un’enfatizzazione negativa e assai squallida della normalità stessa. Dopo una partenza “lenta”, Lynch accosta ironicamente elementi lontanissimi (da applauso il discorsone protofilosofico in stile “ma perché il mondo è così cattivo?” accompagnato da una musica di chiesa), frulla una decina di generi cinematografici e si inventa quello stile unico (Metafisico? Surreale? Onirico? Chiamatelo come volete!) che diverrà elemento preponderante di tutti i suoi lavori. Come accade per ogni grande classico, il tempo non ne ha smorzato il valore. Ogni tanto il racconto si ingolfa e la logica narrativa latita, ma forse è giusto così: in fin dei conti, è la cronistoria di un incubo. Dimensione sonora e rumoristica fondamentale. Funzionale la colonna sonora di Angelo Badalamenti (qui alla prima collaborazione col regista), giusta la faccia degli attori (Hopper memorabile, ma nella celebre sequenza di In Dreams la scena gliela ruba Stockwell) e perfetta per lo scopo la fotografia di Frederick Elmes. Da vedere.

Voto

 

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