Alice in Wonderland

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Regia di Tim Burton

con Mia Wasikowska (Alice Kingsley), Johnny Depp (Cappellaio Matto), Helena Bonham Carter (regina Rossa), Anne Hathaway (regina Bianca), Crispin Glover (Stayne), Marton Csokas (Charles Kingsley), Lindsay Duncan (Helen Kingsley), Leo Bill (Hamish), Matt Lucas (Pincopanco e Pancopinco).

PAESE: USA 2010
GENERE: Fantastico
DURATA: 110′

Diciannovenne e in procinto di sposarsi con un Lord che non ama, Alice non ricorda nulla del Paese delle Meraviglie. Quando, inseguendo il bianconiglio, ci finisce di nuovo, ritrova gli amici di un tempo – il cappellaio matto, il brucaliffo, lo stregatto – ma ancora una volta dovrà vedersela con la sempre più perfida regina Rossa…

Basato su una sceneggiatura di Linda Woolverton, che immagina un seguito degli eventi narrati da Lewis Carroll nei suoi due, celeberrimi romanzi, il 14esimo film di Burton è piaciuto molto al pubblico e molto poco ai critici, che hanno accusato il regista di aver tradito Carroll (rilettura = tradimento) e se stesso. Certo è un film su commissione (la produttrice Walt Disney Pictures aveva la sceneggiatura pronta già prima di contattare Burton), ma ciò non toglie che sia burtoniano al 100%: c’è la simpatia verso i reietti e gli sfigati, il gusto dark nelle atmosfere e nel design dei personaggi, la riflessione sul bisogno di fantasia per fuggire alle brutture della realtà, l’atto d’accusa al mondo degli insensibili e troppo razionali adulti, l’incapacità di sentirsi a proprio agio (Alice è sempre o troppo piccola o troppo grande), persino un’inaspettata dimensione animalista. I primi 45′ (escluso l’intro nel mondo “reale”, spassoso) sono un po’ noiosi e confusi, ma la seconda parte – in cui abbondano le trovate e il ritmo decolla – convince. L’unica cosa che Burton non riesce proprio a fare – ma la colpa è della sceneggiatura, in cui il regista non potè metter becco – è dare spessore ai personaggi che, escluse Alice e la testona regina Rossa, sono sfocati o poco interessanti. Gli attori recitano con la tecnologia del performance capture, ovvero prestando la propria fisionomia alle immagini digitali. Ottimo lavoro della costumista Colleen Atwood, abituale collaboratrice del regista. 3D raramente così inutile, aggiunto in post produzione. Film sicuramente minore nell’itinerario del talentuoso Burton, ma non è da buttare.

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