Perchè David Lynch ci ha presi tutti per il culo (ma ci va bene così)

Si è da poco conclusa la terza, attesissima stagione di Twin Peaks, 18 nuovi episodi girati da David Lynch e scritti a quattro mani da Lynch con Mark Frost ben venticinque anni dopo la fine – tronca – della seconda. Nel corso di quello che molti, a ragione, hanno definito un film lungo 18 ore, Lynch ha spesso preso le distanze dalla serie originale inebriando le suggestioni degli anni ’90 con tutta una serie di temi e scelte stilistiche che tengono conto dell’evoluzione del suo cinema in questi 25 anni. Insomma, il regista di Velluto blu non poteva proprio fingere che la sua poetica fosse ferma al 1991: anche perché, nel frattempo, aveva fatto roba come Strade perdute, Mulholland Drive e INLAND EMPIRE. Ma cosa abbiamo visto, davvero, in questa terza stagione?

Secondo noi, ciò a cui abbiamo assistito si potrebbe riassumere col detto “il bastone e la carota”. Di fatto, questo è quello che ha fatto Lynch con noi. La carota era quello che il pubblico si aspettava, quello di cui noi tutti avevamo bisogno da 25 anni. Lynch ce l’ha dato, è innegabile: un lieto fine in cui Norma e Big Ed stanno finalmente insieme, in cui Dale Cooper torna ad essere Dale Cooper e ritrova gli amici Gordon e Albert (e Diane), in cui Bob viene finalmente sconfitto, in cui addirittura possiamo ipotizzare come il demone sia stato partorito. C’è poi, immancabile, il bastone, quello che lascia gli spettatori nella nebbia e si prefigura come un viaggio assurdo e spesso incomprensibile nella mente del regista. Tanto quanto l’episodio 17 è la carota, il 18 è senza ombra di dubbio il bastone, un ennesimo episodio “difficile” in cui tutto è nuovamente rimesso in discussione e un nuovo cliffangher riapre migliaia di strade possibili. Dargli un senso è difficile, forse inutile. L’unica cosa certa è che, per usare il francesismo del titolo, Lynch ha di nuovo avuto il coraggio di prenderci bellamente per il sedere. Prendere o lasciare. Mica siamo obbligati a farcelo piacere per forza.

Riassumendo: ha girato due episodi (1 e 2) in cui ha fatto gridare allo scandalo (“ma dov’è finito il vero Twin Peaks?!”), poi subito altri due (3 e 4) in cui sembrava tornare indietro (“aaah, eccolo!”), ha continuato così fino ad una parvenza di chiarimento (episodio 8: “dai dai che adesso ci spiega TUTTO TUTTO”); poi ha zigzagato di nuovo tra Mulholland Drive e Velluto Blu, infine ci ha dato esattamente quello che volevamo (episodio 17) per poi farci sprofondare nel mistero delle sue inifinite ossessioni personali (episodio 18). Tutto questo facendoci attendere un’eternità prima di mostrarci il vero Coop, il personaggio che più abbiamo amato nelle prime due stagioni e che in pratica abbiamo rivisto soltanto in un episodio e mezzo. Una presa per i fondelli bella e buona che, tuttavia, non offende nessun fan: è vero che non ha risposto a tutte le domande, ma è pur vero che ci ha mostrato qualcosa che in TV (e forse addirittura al cinema) non si era davvero MAI MAI visto; ha giocato su ciò che conoscevamo per portarci su strade tanto inesplorate quanto fascinose; ci ha fatto emozionare, ridere, terrorizzare, e tutto questo senza mai ricorrere ad un un solo stereotipo preconfezionato.

Ecco, la carota e il bastone secondo mr. Lynch.
La carota, il lieto fine, era ciò che doveva a noi, fedeli per più di 25 anni.
Il bastone, cioè l’incubo, cioè l’impermeabilità, era quello che doveva a se stesso e alla sua opera. Solo per questo, solo per aver rispettato in egual misura noi e la sua poetica, dovremmo volergli un bene infinito.

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2 risposte a Perchè David Lynch ci ha presi tutti per il culo (ma ci va bene così)

  1. chebfarid scrive:

    D’accordo su quasi tutto, ma sicuramente non sulla presa per il culo perché il signor Lynch è un artista dannatamente serio. Personalmente avevo preso per scontato che, dopo “il lieto fine” della 17° puntata, il finale doveva decostruire ogni falsa speranza. Per dirla con “Lost”: quello che è fatto è fatto, il desiderio del sognatore di portare in salvo anche le vittime del male*) doveva fallire. Ma come tutta la serie, anche questo fallimento è stato raccontato in modo epico. Sono ancora sconvolto!

    *) Sto ancora riflettendo se anche il percorso e la fine di Audrey fanno parte di questo tentativo.

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