Lolita

(Lolita)

Regia di Stanley Kubrick

con James Mason (Humbert Humbert), Sue Lyon (Lolita Haze), Shelley Winters (Charlotte Haze), Peter Sellers (Clare Quilty), Gary Cockrell (Dick Schiller), Jerry Stovin (John Farlow), Diana Decker (Jean Farlow), Lois Maxwell (Lore).

PAESE: USA 1962
GENERE: Drammatico
DURATA: 153′

Cosa spinge – nel celebre incipit – il mite professore Humbert Humbert a uccidere a revolverate il commediografo Clare Quilty? Per scoprirlo si deve tornare indietro di quattro anni, al momento in cui Humbert si innamora della quattordicenne Lolita e, per stare con lei, sposa sua madre Charlotte. Quando quest’ultima muore in un tragico incidente il professore si convince di avere la giovane tutta per sé, ma anche Guity si rivelerà pericolosamente attratto da lei…

Dal romanzo scandalo (1955) di Vladimir Nabokov, che curò anche l’adattamento insieme al regista. Come molti film di Kubrick successivi è la storia di un’ossessione che spinge alla follia. Humbert non sembra nemmeno accorgersi che le azioni di cui si macchia – omicidio, incesto, pedofilia, circonvenzione di minore – sono gravi: è come instupidito dalla vanità, dal desiderio, ma anche e soprattutto da una società perbenista che fa finta di niente e ammette il male solo quando le si para davanti in maniera esplicita (emblematico l’intervento della vicina, preoccupata soltanto che la lite tra Humbert e Lolita possa disturbare i propri commensali – tra i quali c’è, ovviamente, un ecclesiastico). Kubrick, grazie anche alla presenza di Sellers (imposto dalla produzione ma perfetto per il ruolo), trasforma il romanzo in una black comedy cinica su un’umanità reietta e fallita che non merita in alcun modo di essere salvata. Nonostante non si veda nulla di scabroso rimane un film decisamente audace per l’epoca, anche e soprattutto perché Kubrick, impugnato il fioretto dell’ironia, riesce a mandare a segno i suoi colpi senza mai dire o mostrare niente. Non solo. Attraverso una perfetta padronanza del piano sequenza e della profondità di campo costruisce sinuosi movimenti di macchina che, senza l’ausilio del montaggio (ma spesso interrompendo coraggiosamente la quarta parete), risolvono molti snodi drammaturgici in pochi secondi e senza il minimo stacco. Memorabile – e decisamente anti hollywoodiano – è anche l’uso delle ellissi, sempre posizionate dove meno ci si aspetta (il matrimonio con Charlotte, la sistemazione presso la nuova cittadina). Il simbolico pastiche scenografico – che qui contraddistingue la casa di Quilty, colma di oggetti e stampe, ma anche quella di Charlotte – diverrà una costante del cinema kubrickiano a venire. Celeberrimi gli audaci i titoli di testa, con l’anziana mano di Mason che mette lo smalto al piccolo, giovane piede della Lyon, e oramai mitica la prima apparizione di Lolita che prende il sole con occhialoni, cappello e bikini. Grande Mason in uno dei ruoli in assoluto più sgradevoli della sua carriera.

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