First Man – Il primo uomo

(First Man)

Regia di Damien Chazelle

con Ryan Gosling (Neil Armstrong), Claire Foy (Janet Armstrong), Jason Clarke (Edward White), Corey Stoll (Buzz Aldrin), Kyle Chandler (Deke Slayton), Lukas Haas (Mike Collins), Shea Whigham (Gus Grissom), Pablo Schreiber (Jim Lovell), Patrick Fugit (Elliott See), Ciaran Hinds (Robert R. Gilruth), Olivia Hamilton (Patricia White).

PAESE: USA 2018
GENERE: Fantascienza
DURATA: 141′

Traumatizzato dalla morte della figlia piccola, il pilota civile Neil Armstrong tenta di rialzarsi partecipando al progetto Gemini, finalizzato alla conquista dello spazio prima e allo sbarco sulla Luna poi. Sarà proprio lui il primo uomo a mettere piede sul nostro satellite, il 20 luglio 1969.

Dal romanzo biografico First Man: The Life of Neil A. Armstrong (2005) di James R. Hansen, adattato per lo schermo dall’ottimo Josh Singer (Oscar per Il caso Spotlight), è un rar(issim)o esempio di film di fantascienza intimista: la fedele cronaca della più grande epopea della storia dell’uomo raccontata attraverso lo sguardo (e gli stati d’animo) del suo mite, riservato protagonista. Lo stile del giovane regista si mostra, ancora una volta, fresco ed originale. Privilegia i primi piani per tentare di entrare nella mente dei protagonisti, e costruisce almeno due sequenze semplicemente straordinarie: la ricostruzione della missione Gemini 8, 20 minuti di pura suspense risolti senza (quasi) mai posizionare la macchina da presa fuori dall’abitacolo, e quella dello sbarco sulla Luna che riesce ad essere spettacolare senza utilizzare un solo cliché della spettacolarità hollywoodiana. Non una sola sbavatura retorica, non un cedimento all’orgoglio yankee tipico dei film sulla NASA; anche la tendenza tutta americana di inserire dentro la sfera avventurosa drammi personali è trattata con disinvoltura quasi poetica.

Film impregnato di morte (quella della figlia piccola, leitmotif del rapporto tra Neil e la moglie, ma anche quella dei piloti amici) in cui anche la partenza per la missione del secolo è raccontata senza enfasi perché il ritorno non è per nulla scontato (le probabilità di tornare erano davvero limitate, nel ’69). E che dire del finale, asciutto e silenzioso, senza vittoria, un piccolo poema visivo di dolente umanità? E se il discorso sulla faticosa vita delle donne degli astronauti non è nuovo, è perfettamente inscrivibile nella poetica di Chazelle quello sui sacrifici da mettere in conto quando si insegue un sogno. Straordinario commento musicale di Justin Hurwitz, da sempre collaboratore di Chazelle. Da segnalare la stupidità dei titolisti italiani, arrivata all’apogeo: il sottotitolo è la traduzione del titolo. Imbarazzante. Così come imbarazzanti sono state le polemiche (soprattutto da destra) sull’assenza del momento in cui viene piantata sul suolo lunare la bandiera USA. A rispondere è stato lo stesso Gosling: la conquista della Luna è stata una conquista dell’umanità intera, e non di una sola nazione. Amen. Film imperdibile e inaspettato, una vera chicca. Oscar agli effetti speciali.

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