Into the Wild – Nelle terre selvagge

(Into The Wild)

Regia di Sean Penn

con Emile Hirsch (Christopher McCandless), Marcia Gay Harden (Billie McCandless), William Hurt (Walt McCandless), Jena Malone (Carine McCandless), Catherine Keener (Jan Burres), Brian Dierker (Rainey), Vince Vaughn (Wayne Westerberg), Kristen Stewart (Tracy Tatro), Hal Holbrook (Ron Franz).

PAESE: USA 2007
GENERE: Avventura
DURATA: 148′

Il giorno della laurea, il giovane Chris McCandless lascia la famiglia benestante e parte, a piedi e senza un soldo, per l’Alaska. L’obbiettivo è quello di vivere un’esperienza a stretto contatto con la natura, lontano dal consumismo imperante e dai riti della società USA. Dopo aver incontrato una moltitudine di personaggi e aver vissuto esperienze di ogni tipo, si ritira a vivere in un bus abbandonato in mezzo alle montagne. Morirà lì, per inedia o per avvelenamento, e insieme al suo corpo verranno ritrovate pagine e pagine di appunti inerenti alla sua incredibile avventura…

Dal romanzo Nelle terre estreme – Storia di una fuga dalla civiltà (1996), che Jon Krakauer scrisse leggendo gli appunti originali di McCandless e intervistando tantissime persone che lo conobbero o che incrociarono il suo cammino, uno dei film più interessanti e poetici dei primi anni duemila. Innamoratosi del libro e della storia di Chris, Penn scrisse immediatamente la sceneggiatura ma attese pazientemente ben dieci anni per avere l’ok della famiglia McCandless, cercando nel frattempo finanziatori interessati al progetto. Attraverso questa storia di una fuga da tutto e tutti, ha voluto riflettere sull’impossibilità di vivere al di fuori della società, e sulle convenzioni (sociali, politiche, religiose) che impediscono all’uomo di vivere in armonia con sé stesso e la natura. Nonostante il finale tragico e lo sguardo sconsolato su una società che ha perso il senno (si veda il rapporto coi genitori, e TRA i genitori), lo spirito rimane orgogliosamente ottimista: gli incontri che fa Chris lungo il cammino sono (quasi) tutti positivi, sani, calorosi, e portano sempre a qualcosa di buono. In questo Penn sottolinea quanto McCandless avesse il potere (più unico che raro) di cambiare (migliorare?) la vita delle persone che incontrava. Come? Rimanendo puro, ovvero rinunciando a tutto ciò che da sempre ci viene imposto dall’alto. Senza mai santificarlo, come dimostra il finale in cui si accorge anche lui di aver sbagliato qualcosa, e che “la felicità è reale solo quando condivisa”.

Parecchi momenti di canto alto, soprattutto nella seconda parte: l’incontro con l’anziano Ron Franz, quello con l’orso, il sogno sui genitori, la morte. Penn opta per uno stile visivo originale che si adatta alle diverse situazioni, sceglie una scrittura narrativa frammentaria che procede poeticamente per associazioni, rifiuta i clichè hollywoodiani sul biopic (nessun personaggio negativo, nessun evento drammatico per far proseguire l’intreccio, nessuna enfasi oratoria nel racconto), e dimostra una grazia nel tocco davvero unica. Anche la lavorazione del film dev’essere stata un’esperienza notevole: otto mesi di riprese, 36 location diverse (i luoghi reali visitati da McCandless) e il coinvolgimento diretto di moltissime persone che incontrarono Chris (alcune appaiono nel film nel ruolo di sé stesse). La riuscita del film è imprescindibile dalla straordinaria colonna sonora che mescola brani originali di Michael Brook e meravigliose, struggenti canzoni scritte e interpretate da Eddie Vedder dei Pearl Jam. Magnifica anche l’interpretazione di Hirsch, che oltre ad affrontare notevoli scommesse fisiche (è dimagrito più di 20 chili durante la lavorazione, e non ha mai utilizzato stunt) è riuscito a cogliere intimamente l’essenza e l’unicità del suo personaggio. Grande fotografia di Eric Gautier. Vincere degli Oscar non è necessariamente indice di qualità, ma il fatto che il film abbia ricevuto appena due nomination (attore non protagonista a Holbrook e miglior montaggio a Jay Cassidy) è scandaloso. Imperdibile.

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