Texasville

(Texasville)

Regia di Peter Bogdanovich

con Jeff Bridges (Duane Jackson), Cybill Shepherd (Jacy Farrow), Annie Potts (Karla Jackson), Timothy Bottoms (Sonny Crawford), William McNamara (Dickie Jackson), Cloris Leachman (Ruth Popper), Randy Quaid (Lester Marlow), Eileen Brennan (Genevieve), Loyd Catlett (Lee Roy), Kay Pering (Lavelle Bates), Allison Marich (Billie Anne), Earl Poole Ball (Junior Nolan).

PAESE: USA 1990
GENERE: Commedia drammatica
DURATA: 123′

Anarene, 1984. Trent’anni dopo gli eventi raccontati ne L’ultimo spettacolo, Duane è divenuto un piccolo petroliere; sposato con Karla, si barcamena tra molte amanti, molti debiti e molti figli e nipoti che transitano quotidianamente nella sua tenuta. L’amico Sonny non fa che perdersi tra i fantasmi e le rovine del passato, mentre Jacy è da poco tornata in città dopo una mediocre carriera d’attrice in Europa e la scomparsa di un figlio. Attorno a loro, la comunità si appresta a festeggiare il centenario della fondazione…

Diciannove anni dopo L’ultimo spettacolo (ma nel film ne sono passati più di trenta), Bogdanovich torna all’immaginaria Anarene, Texas, prendendo ancora una volta spunto da un romanzo di Larry McMurtry nel quale si narrava il destino di Sonny, Duane & co. Il movimento di macchina iniziale è lo stesso che apriva il film precedente, ma stavolta non parte da un piccolo, vecchio cinema di paese ma da un’antenna per la TV via cavo e un pozzo di petrolio, mentre una voce alla radio racconta crisi petrolifere e eventi cardine dell’America di Ronald Reagan. Tutto è cambiato, dunque, e di sicuro non in meglio: la società è sempre più squallida, tutti bevono troppo come se fosse l’unico antidoto ai problemi della vita, e dunque non resta che adeguarsi passivamente agli eventi (come fa Duane) o continuare a vivere nel passato (come fa Sonny). Bogdanovich non crede più molto ad una riscossa dei suoi perdenti, ma nonostante questo gli vuole ancora un gran bene, e fare comunità, stare insieme, rimane una delle poche cose positive della vita in provincia. Rispetto al primo, la struttura è più corale, alla Altman, e lo spirito è meno realistico e più grottesco, ma il piacere di raccontare questa amena, futile quotidianità (il film non ha nemmeno una vera e propria trama) è rimasto assolutamente intatto. Rispetto a L’ultimo spettacolo si ride di più, ma più amaro. “Siamo invecchiati senza crescere”, dice Jacy: è la stessa cosa che sembra essere accaduta al sogno americano. Bella colonna sonora nella quale spuntano, tra gli altri, Bruce Springsteen e Johnny Cash (che canta un pezzo di Springsteen). Nel primo capitolo il regista scelse un raffinato e poetico bianco e nero, qui opta per il colore (fotografia di Nicholas Josef von Sternberg): una scelta commerciale, certo, ma anche di concetto, come se non ci fosse più nulla di poetico da raccontare. Grandi prove di Bridges, della Potts e di Bottoms.

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