Noi

(Us)

Regia di Jordan Peele

con Lupita Nyong’o (Adelaide Wilson), Winston Duke (Gabe Wilson), Shahadi Wright Joseph (Zora Wilson), Evan Alex (Jason Wilson), Elizabeth Moss (Kitty Tyler), Tim Heidecker (Josh Tyler), Yahia Abdul-Mateen II (Russell Thomas), Anna Diop (Rayne Thomas), Madison Curry (Adelaide da bambina).

PAESE: USA 2019
GENERE: Horror
DURATA: 116′

I quattro membri – madre, padre e due figli – di una famigliola borghese in vacanza a Santa Cruz (California) si ritrovano a dover fronteggiare i loro doppelganger (gemelli maligni). Per tentare di risolvere la situazione, la madre dovrà fare i conti col proprio passato: trent’anni prima, nello stesso luogo, aveva già incontrato il suo doppio…

Secondo film del comico afroamericano Peele dopo il notevole Scappa – Get out (2017), del quale riprende la forte dimensione politica. Intendiamoci, il film funziona benissimo anche come “semplice” horror, stracolmo di visioni inquietanti e spaventi quasi sempre ottenuti in maniera originale e lontana dalle mode dell’horror odierno (ad esempio, mancano totalmente i classici jumpscare). Ma a colpire, a lasciare il segno, è soprattutto il geniale sottotesto allegorico: questi malvagi (?) doppelganger – brutti, sporchi (rossi) e cattivi – attuano una rivolta anche e soprattutto sociale, dei poveri contro i ricchi, di coloro che vivono nelle fogne contro coloro che vivono alla luce del sole. Li odiano, ma vorrebbero essere come loro (la gemella di Kitty si diverte a truccarsi e a provare i suoi abiti), quantomeno perché quelli di sopra hanno avuto tutto e loro nulla. Non solo: si fanno metafora della polvere che la società USA ama nascondere sotto il tappeto per darsi una parvenza di rispettabilità, del peccato originale che sta dietro alla sua fondazione (violenta). Perchè si può seppellire quanto si vuole il male, ma prima o poi verrà comunque a galla. Come? Attraverso la violenza. Non è forse quello che, sempre più spesso, accade nelle nostre società?

La svolta fantascientifica del finale può piacere o non piacere, ma considerando che c’era anche in Get Out, è evidente che si tratta di una caratteristica tipica del cinema del regista. Così come la massiccia dose di ironia, presente sia nei dialoghi che in moltissime gustose trovate. Memorabile la battaglia finale a ritmo di danza. È probabile che lo spettatore più attento sia in grado di prevedere la sorpresa finale, ma questo non inficia minimamente la qualità della pellicola e, di certo, non la rende prevedibile. Straordinaria prova della Nyong’O, alle prese con due personaggi uguali a livello fisico ma diversissimi in tutto il resto (anche nelle espressioni facciali). Menzione speciale anche alla fotografia di Mike Gioulakis. Uno degli horror più riusciti ed originali degli ultimi anni, così potente e allusivo da spingere a sorvolare su qualche passaggio dell’intreccio un pò troppo meccanico. Imperdonabile dimenticanza dell’Academy che non l’ha nominato nemmeno ad un Oscar. Anche il titolo – che da adito a mille interpretazioni – è geniale nella sua  apparente semplicità. Peele, al secondo film, è già a suo modo un autore, merce rara nel panorama horror di oggi. Speriamo che continui così.

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