Un sogno chiamato Florida

(The Florida Project)

Regia di Sean Baker

con Willem Dafoe (Bobby), Brooklynn Prince (Moonee), Bria Vinaite (Halley), Christopher Rivera (Scooty), Mela Murder (Ashley), Valeria Cotto (Jancey), Aiden Malik (Dicky), Carl Bradfield (Charlie Coachman), Josie Olivo (Nonna Stacey), Sandy Kane (Gloria), Rosa Medina Perez (Bertha), Caleb Landry Jones (Jack), Macon Blair (John).

PAESE: USA 2017
GENERE: Commedia drammatica
DURATA: 115′

In un umile complesso di appartamenti rosa confetto a quattro passi da Disney World (Orlando, Florida), la piccola Moonee trascorre le vacanze estive giocando con gli amichetti e tenendo compagnia alla madre Halley, giovane e antipatica fattona disoccupata. Bobby, il manager del complesso, sopporta pazientemente le loro inadempienze e i loro ritardi, ma la situazione difficilmente si protrarrà immutata fino a settembre.

Dopo il notevole Tangerine (2015, interamente girato con un iPhone), Baker sceglie di raccontare un’altra favola crudele, stavolta imperniata sulle difficoltà dell’essere bambini (poveri) oggi. Non è un caso che la storia si svolga a pochi passi da Disney World, mondo ideale ma inarrivabile, lontanissimo dalla realtà di molti bambini e famiglie che, pur vivendo li accanto, non potranno mai permettersi nemmeno il biglietto d’ingresso per il parco. Il contrasto tra le bizzarre, coloratissime architetture della Florida e la grigia miseria che vi si respira è emblematico. Scritto da Baker con Chris Bergoch, il film non ha una vera trama e, escluso il finale, non vi accade granché, ma il racconto è portato con rara grazia e tenero umanesimo, i bambini – cui è stato lasciato spazio per improvvisare – sono straordinari (la piccola Prince, esordiente, avrebbe meritato un Oscar), e le riflessioni che propone (su famiglia, lavoro, welfare sociale) sono sincere e doverose. Senza pietismo o retorica, ma con inaspettata e irresistibile allegria che si fa man mano lucida malinconia, dice molto sul mondo in cui viviamo. Il neorealismo non è poi così lontano. Ottima fotografia di Alexis Zabé che riesce a rendere poetica anche la fatiscente stanza di un motel. Il finale “in corsa” è di nuovo girato con un iPhone (e si vede). Bella prova di Dafoe – l’unico “famoso” – alle prese con un bel personaggio. Senza svelare troppo, è un film che lascia molto. Una piccola perla.

Questa voce è stata pubblicata in 2000 - oggi, Genere Commedia, Genere Drammatico e contrassegnata con , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *