TIPI DI PELLICOLA E RAPPORTI D’ASPETTO – UNA GUIDA

A cura di Riccardo Poma

Vi siete mai domandati perché i film che guardate, al cinema o in TV, hanno immagini basate su proporzioni diverse? Che differenza c’è tra 35mm e 70mm? Perchè quando guardate un film sul vostro televisore, spesso, vedete due righe nere sopra e sotto l’immagine? È vero che CinemaScope e Panavision sono la stessa cosa? Di seguito, troverete una piccola guida che vi aiuterà a rispondere a queste e ad altre domande.

ATTENZIONE: QUI PARLEREMO PRINCIPALMENTE DI CINEMA ANALOGICO, NON DI CINEMA DIGITALE.

Innanzitutto, la pellicola. Cos’è? È un nastro flessibile, perforato su uno o due lati, sul quale sono impresse la traccia video (sotto forma di fotogrammi) e la traccia audio (sotto forma di pista audio ottica). Le perforazioni laterali servono per ancorare la pellicola al proiettore che, inondandola di luce e facendola muovere a 24 fotogrammi al secondo (16 nel cinema muto), proietta le immagini e l’audio su uno schermo. Circa il 60 % dello spazio della pellicola è occupato dai fotogrammi; lo spazio restante si divide tra la traccia audio e le perforazioni.

Le varie parti della pellicola

Di cosa è fatta la pellicola? La parte sensibile alla luce è formata da un composto a base d’argento, mentre la parte di supporto è poliestere. Agli albori del cinema il supporto era di celluloide, ma siccome si trattava di un materiale altamente infiammabile venne sostituito prima con il tricetato di cellulosa, poi con il poliestere, più flessibile, resistente e – cosa non da poco – più sottile, col vantaggio di contenere circa il 20% in più di pellicola dentro una bobina standard. Il poliestere è tutt’ora il materiale più utilizzato.

Vi sono diversi tipi di pellicola, utilizzati a seconda della destinazione del girato e identificati dai millimetri della loro larghezza.

  • 8mm – è una pellicola molto piccola, utilizzata soprattutto per i filmini casalinghi.
  • 16mm – è una pellicola utilizzata soprattutto per riprese televisive e per serie TV.
  • 35mm – è la pellicola più utilizzata in ambito cinematografico: sulla pellicola in 35mm si possono utilizzare diversi formati, dal CinemaScope al Panavision all’1,85:1. Di solito ha quattro perforazioni per fotogramma.
  • 70mm – è una pellicola raramente utilizzata al cinema perché molto costosa. È la pellicola utilizzata dal formato IMAX (vedi approfondimento). I 70mm standard (non IMAX) possiedono 5 perforazioni per fotogramma, mentre il 70mm IMAX (che lavora in orizzontale invece che in verticale) ne possiede 15.

    Confronto tra pellicola 70mm e pellicola 35mm. Film: Interstellar (2014, Christopher Nolan).

Man mano che sale il millimetraggio, la pellicola diventa più costosa e le immagini raggiungono una nitidezza e una risoluzione maggiori, riscontrabili soprattutto nelle proiezioni su grandi schermi.

Con l’avvento del digitale la pellicola è stata quasi del tutto abbandonata, anche se molti registi (come ad esempio Quentin Tarantino) continuano a girare su pellicola, convertendo poi il prodotto per la proiezione digitale. Questo perché secondo molti il digitale crea immagini asettiche, troppo “perfette”, prive di quella “granulosità” tipica della pellicola.

Di ogni film, oltre al tipo della pellicola, va decisa anche una forma da dare alle immagini, ovvero l’aspect ratio (in italiano rapporto d’aspetto, o in maniera meno tecnica formato). Quando si parla di rapporto d’aspetto o formato, si intende il rapporto che intercorre tra i due lati che delimitano l’immagine cinematografica, quello più lungo e quello più corto (per dirla ancora più semplice: quante volte il lato corto sta dentro il lato lungo?).

Di seguito, un elenco dei rapporti d’aspetto più utilizzati accompagnati da esempi illustri in cui essi sono stati utilizzati.

  • 1,33:1 – Uno dei primi formati utilizzati su vasta scala, tipico del muto, detto anche 4:3.

Un fotogramma de Il monello (1921, Charlie Chaplin). Aspect ratio: 1,33:1

  • 1,37:1 – Il cosiddetto Academy Ratio, perché istituzionalizzato dall’associazione che distribuisce gli Oscar (l’Academy, appunto). È un formato utilizzato dagli anni trenta fino ai primi anni cinquanta. Molto spesso, considerata la pochissima differenza rispetto al 4:3, questo aspect ratio viene convertito in 1,33:1, soprattutto per supporti home-video (DVD, trasmissioni televisive).
  • 1,43:1 – È il formato utilizzato per le riprese IMAX (vedi approfondimento).
  • 1,50:1 – Formato tipico della fotografia analogica in 35mm, anche detto 3:2, e ora anche della fotografia digitale (Reflex).

Un esempio di fotografia in 3:2

  • 1,66:1 – Pur introdotto dall’americana Paramount, viene spesso definito european flat perché molto in voga nel cinema europeo e nei prodotti televisivi europei (anche italiani) antecedenti al 2000. Nelle versioni home-video è spesso convertito in 16:9.
  • 1,78:1 – Quello che chiamiamo anche 16:9, è l’aspect ratio dei televisori standard.
  • 1,85:1 – Uno dei formati più utilizzati nel cinema, introdotto negli anni cinquanta e in uso ancora oggi. Spesso viene convertito in 16:9 (ovvero 1,78:1) per i supporti home-video (DVD, Blu-Ray Disc, trasmissioni TV), in quanto 16:9 è l’aspect ratio della maggior parte dei televisori.

    Un fotogramma di Intrigo Internazionale (1959, Alfred Hitchcock). Aspect ratio: 1,85:1

  • 2,35:1 – È il rapporto d’aspetto introdotto dal Cinemascope, un sistema di ripresa inventato dalla 20th Century Fox negli anni cinquanta (il primo film in CinemaScope fu La tunica, del 1953) e poi sostituito dal Panavision a partire dagli anni settanta (vedi approfondimento).
  • 2,39:1 – Nato nel 1970, spesso arrotondato a 2,40:1, è anche il formato di proiezione del 2,35:1 (il passaggio avviene con l’applicazione di un mascherino sul proiettore).

    Un fotogramma di Una calibro 20 per lo specialista (1974, Michael Cimino). Aspect ratio: 2,35:1

  • 2,76:1 – Usato raramente (un esempio: Ben-Hur), presto abbandonato per il ben più gestibile Panavision.

    Un fotogramma di Ben-Hur (1959, William Wyler). Aspect ratio: 2,67:1

Al giorno d’oggi i rapporti d’aspetto più utilizzati al cinema, anche quello digitale, rimangono l’1,85:1, il 2,35:1 e il 2,40:1. Tuttavia, alcuni registi continuano a sperimentare i rapporti d’aspetto più disparati, come Quentin Tarantino (il suo The Hateful Eight è girato in 70mm con aspect ratio 2,76:1) e Wes Anderson (che nel suo Grand Budapest Hotel utilizza tre formati diversi – 1,33:1 [fig. 4], 1,85:1 [fig. 2] e 2.35:1 [fig. 3] – che rispecchiano il cinema delle tre epoche in cui è ambientato il film). Addirittura, all’inizio di quest’ultimo, un messaggio invita gli spettatori a settare l’apparecchio su un rapporto di 16:9 [fig. 1], in modo da non perdere nessuna porzione dei diversi tipi di fotogramma presenti nel film.

Sistemi di ripresa

Ma perché nel mondo del cinema esistono così tanti rapporti d’aspetto differenti? Non ci vuole molto ad accorgersi che le “forme” del cinema hanno iniziato a mutare verso la fine degli anni quaranta e l’inizio degli anni cinquanta, ovvero nel periodo in cui nacque e si diffuse la televisione. Galvanizzato da questa nuova invenzione, che trasformava l’intrattenimento per immagini, fino a quel momento prerogativa del cinema e del teatro, in qualcosa di “domestico”, confortevole e soprattutto gratuito, il pubblico modificò le proprie abitudini e, pur senza mai rinunciarvi del tutto, iniziò a frequentare le sale in maniera molto più saltuaria di prima. Le case produttrici, molte delle quali prossime a una vera e propria crisi, corsero ai ripari sperimentando nuovi metodi di ripresa appositamente studiati per rendere più significativa la visione dei film in sala, soprattutto se paragonata a quella dei film trasmessi in televisione. Questi nuovi metodi di ripresa si basavano essenzialmente su tre tecniche: anamorfosi (ovvero l’uso di lenti anamorfiche, come nel CinemaScope e nel Panavision), procedimenti a più pellicole (il Cinerama e il Kinopanorama) e procedimenti basati sull’uso di negativi a maggior potere risolvente (il VistaVision). Soluzioni particolarmente innovative che rivelano quanto, da più di settant’anni, la televisione cerchi in ogni modo di imitare l’esperienza cinematografica mentre il cinema tenta con tutte le sue forze di distanziarsi il più possibile dalle forme della televisione.

Dal CinemaScope al Panavision

Tra i metodi di ripresa basati sull’anamorfosi vanno citati almeno il Cinemascope e il Panavision. Nel 1953 la 20th Century Fox presenta il suo primo film girato in CinemaScope, La tunica di Henry Koster. La tecnica delle lenti anamorfiche consiste nel deformare le immagini in ripresa per poi “disanamorfizzarle” in sede di proiezione, riuscendo così ad ottenere fotogrammi panoramici senza dover modificare la normale pellicola da 35mm. L’invenzione prese subito piede perché le immagini proiettate occupavano uno spazio doppio (in larghezza) di quello che occupavano sulla pellicola, con un conseguente vantaggio sia in termini qualitativi che economici. L’unica differenza era nelle lenti (anamorfiche, appunto), ma va da sé che cambiare soltanto le lenti (sia in ripresa che in proiezione) era molto meno costoso che cambiare intere macchine da presa o proiettori. La tunica fu girato con aspect ratio 2,55:1, modificato nei film successivi in un più gestibile 2,35:1, rapporto della maggior parte dei film girati in CinemaScope (nonché uno dei più usati ancora oggi). Qualche anno dopo venne introdotto anche il SuperCinemaScope (o CinemaScope55), basato su pellicola da 55mm invece che da 35mm ma presto scivolato nel dimenticatoio. A partire dalla fine degli anni sessanta, il CinemaScope fu abbandonato per un’analogo sistema brevettato dalla ditta Panavision, che mise a punto la celeberrima cinepresa Panaflex 35mm. Al giorno d’oggi, il termine Panavision è associato all’aspect ratio 2,35:1, spesso anche in maniera errata (non è detto che un film girato in 2,35 sia prodotto con strumenti della Panavision). Sempre nel 1953, invece, venne introdotto un altro aspect ratio che utilizziamo tutt’ora, ovvero l’1,85:1, brevettato da Universal-International che lo utilizzò la prima volta ne La baia del tuono di Anthony Mann.

In alto, un fotogramma CinemaScope in fase di proiezione, in basso il medesimo fotogramma come appare sulla pellicola.

Cinerama e Kinopanorama

Quando si parla di metodi di ripresa a più pellicole ci si riferisce soprattutto al Cinerama e al suo fratellastro sovietico, il Kinopanorama. Il procedimento consisteva nel filmare ogni singola inquadratura con tre cineprese, disposte in semicerchio, per poi proiettarle in sala con l’ausilio di tre proiettori che le “sparavano” su uno schermo curvo. Coi suoi 146° di ampiezza e 55° di altezza, il Cinerama offriva una porzione di spazio molto simile a quella che vede l’occhio umano. L’incredibile nitidezza delle immagini (non più una, ma tre) permetteva di proiettare su schermi molto grandi, ed è per questo che molti considerano il Cinerama un vero e proprio antenato dell’IMAX.

Come venivano proiettati in sala i film girati in Cinerama

Il sistema venne presto abbandonato perchè troppo dispendioso, sia in sede di ripresa (tre cineprese, tre operatori, tre pellicole) che in sede di proiezione (ogni sala doveva dotarsi di tre proiettori, dello schermo curvo e di complessi sistemi di sincronizzazione). Il Cinerama lavorava su pellicola 35mm, ma fu brevettato anche un azzardato SuperCinerama 70mm (2001: odissea nello spazio di Kubrick venne girato con questo metodo, anche se in ripresa non si utilizzarono tre cineprese ma solo una).

Il VistaVision

Il VistaVision era un metodo di ripresa basato su negativi ad alto potere risolvente. Si serviva di una cinepresa speciale in cui la pellicola (35mm) scorreva orizzontalmente, impressionando le immagini per lungo invece che per largo. Così facendo la superficie occupata dal fotogramma aumentava notevolmente, passando dai 22mm x 16mm delle riprese standard a una dimensione di 36mm x18mm (con 8 perforazioni per fotogramma). Anche l’aspect ratio mutava: il rapporto delle riprese in VistaVision era infatti di 1,58:1, solitamente adattato in 1,66:1, 1,85:1 o 2:1 attraverso l’uso di mascherini. Una volta effettuate le riprese i negativi venivano stampati su normali pellicole da 35mm, in cui le immagini venivano ruotate di 90° per poter scorrere verticalmente in qualunque proiettore (evitando così che ogni sala dovesse dotarsi di proiettori speciali a scorrimento orizzontale). Nonostante il passaggio da negativo a positivo comportasse un rimpicciolimento dell’immagine (il 36×18 diventava un 22×14, più piccolo di quello delle riprese standard) le immagini rimanevano molto nitide e definite grazie al grande potere risolvente dei negativi. Per questa ragione, il VistaVision venne spesso usato dal cinema di fantascienza: la grande risoluzione delle immagini permetteva molte sovrapposizioni, procedimento fondamentale nella creazione di effetti speciali analogici (l’ultima casa produttrice a utilizzarlo fu la Lucasfilm negli anni ’70). Il primo film girato in VistaVision fu invece Bianco Natale, del 1954. Alcuni film girati con questo procedimento furono anche stampati su positivi a 70mm, come ad esempio la versione restaurata de La donna che visse due volte (1966).

Le misure di un fotogramma in VistaVision

Nuove esperienze – Il formato IMAX

Nonostante le innovazioni tecnologiche portate da CinemaScope, Panavision, VistaVision e Cinerama, il mondo del cinema non ha mai smesso di cercare nuovi e sempre più sbalorditivi sistemi di ripresa. Il più recente, figlio di un’attitudine alla grandiosità che il cinema ha avuto sin dagli albori (si veda ad esempio il Cinerama), è sicuramente il formato IMAX, che negli ultimi anni ha preso piede grazie a registi come Christopher Nolan e a franchise come quello del mondo Marvel (anche se in questo caso si parla già di IMAX digitale, non di IMAX su pellicola).

Dunque, come funziona questa tecnologia? Le cineprese IMAX lavorano su pellicole 70mm, con l’eccezione che i fotogrammi vi vengono impressi in lunghezza invece che in altezza [fig. in basso]. Così facendo, lo spazio utilizzato aumenta considerevolmente, con un conseguente incremento della risoluzione delle immagini. Anche la proiezione avviene in maniera diversa: la pellicola non scorre in verticale (se così fosse i fotogrammi ci apparirebbero ruotati di 90°), bensì in orizzontale, e deve avere una velocità maggiore rispetto ad una proiezione standard (immagini più grandi = velocità maggiore per garantire i 24 fotogrammi al secondo). Per fare ulteriore spazio alle immagini, la colonna sonora non è incisa sulla pellicola ma diffusa in contemporanea da un archivio separato (spesso un enorme hard disk). Le perforazioni per fotogramma su una pellicola che contiene immagini IMAX sono ben 15. Queste caratteristiche così particolari fanno sì che i film in formato IMAX non siano fruibili ovunque (almeno non nel loro formato natìo), ma che necessitino di sale attrezzate sia a livello di schermi che di sistemi di proiezione: basti pensare che le dimensioni standard di uno schermo IMAX sono 16 metri di altezza e 22 di lunghezza. A fine 2017, in tutto il mondo si contavano ben 1302 sale IMAX (fonte: Wikipedia).

Confronto tra pellicola IMAX, 70mm e 35mm

I “problemi” della trasmissione televisiva.

Durante le trasmissioni televisive il rapporto d’aspetto può subire delle variazioni. Prendiamo ad esempio un fotogramma di Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino, girato in 2,40:1 [fig. 1]. Ricordiamo che quasi tutti gli schermi televisivi presenti nelle nostre case sono costruiti con un rapporto d’aspetto di 16:9 (scelta dettata dal fatto che la maggior parte dei programmi è realizzata con questo formato). Se l’emittente televisiva ha scrupolo di mantenere inalterato l’aspetto delle immagini del film in questione, allora trasmetterà il film in 2,40:1, apponendo sopra e sotto delle righe nere che riempiano lo spazio lasciato vuoto dalla differenza tra i due aspetti (quello della televisione e quello del film) [fig. 2]. Spesso, invece, le emittenti televisive preferiscono ingrandire l’immagine in modo che essa occupi tutto lo schermo del televisore, evitando così di utilizzare le bande nere. Così facendo, le immagini appariranno più grandi, ma ad esse mancherà una notevole porzione di spazio [fig. 3]. Staremo dunque guardando un film in qualche modo troncato. Perchè questa pratica è così diffusa? Il motivo è presto spiegato: considerata la grandezza media di uno schermo televisivo (in Italia, circa 32 pollici), le emittenti preferiscono riempire lo schermo ingrandendo l’immagine piuttosto che apponendo le bande nere. Così facendo lo spettatore vedrà più chiaramente il film, ma ne starà comunque perdendo una porzione, magari significativa, senza dimenticare che se il regista ha predisposto delle inquadrature basate su un certo formato quelle che stiamo vedendo sono immagini che non rispecchiano la sua volontà artistica. Un’altra pratica, se possibile anche peggiore, è quella di riempire lo schermo allungando il lato “corto” delle immagini. Così facendo si rinuncia alle bande nere, ma si alterano totalmente le proporzioni, creando un effetto di allungamento particolarmente sgradevole [fig. 4].

Stesso discorso se parliamo di vecchi film girati con aspect ratio 1,37:1. Prendiamo come esempio Il mistero del falco di John Huston [fig.5]. Se l’emittente televisiva decide di salvaguardare l’integrità della pellicola, allora manterrà il rapporto originale apponendo le bande nere (stavolta laterali) [fig. 6]. Se sceglie invece di riempire interamente lo schermo del televisore, allora ingrandirà l’immagine, mantenendo le proporzioni ma di fatto tagliando fuori una porzione notevole di inquadratura (lo si vede bene guardando la testa dell’attrice) [fig.7]. Ultima scelta, la più deprecabile, quella di non tener conto delle proporzioni allargando l’immagine orizzontalmente, con conseguente effetto sgradevole ed innaturale [fig. 8]. Tutto ciò per dire che l’affermazione secondo cui vedere un film al cinema è un esperienza molto diversa rispetto alla visione casalinga è, prima ancora che una sensibilità poetica, un dato di fatto meramente tecnico.

Ecco una curiosità che ben racconta quanto è stato appena detto. La prima volta che venne trasmesso in televisione Il buono il brutto e il cattivo di Sergio Leone, gli spettatori di allora (i cui televisori avevano tutti un rapporto d’aspetto di 4:3, ovvero quello dei primi programmi televisivi) assistettero ad un duello (triello) finale decisamente particolare: dei tre contendenti al tesoro, se ne vedeva bene solamente uno, quello centrale (Clint Eastwood). E gli altri due pistoleri? Cos’era accaduto? Molto semplice: Leone aveva girato il suo film in 2.35:1, ma quando il film era arrivato in televisione, i distributori avevano optato per riempire lo schermo 4:3 ingrandendo l’immagine, anche perché, viste le dimensioni ridotte degli apparecchi di allora, se avessero trasmesso il film in 2,35:1 le immagini sarebbero diventate davvero piccolissime. Così facendo, avevano tagliato una parte fondamentale del triello finale lasciando gli spettatori dell’epoca quantomeno interdetti [in fig. 9, in rosso, è evidenziata la parte trasmessa: ciò che resta fuori dalla zona rossa non fu visto dagli spettatori].

I problemi del passaggio da IMAX a sale standard o DVD e Blu-Ray.

Il regista inglese Christopher Nolan è uno dei più accesi sostenitori del formato IMAX, utilizzato in molti dei suoi ultimi film. Tuttavia, visto il costo elevatissimo di pellicola e macchine da presa IMAX, ha preferito girare solo alcune scene nel suddetto formato. Ecco perché i film di Nolan sono tra i pochi ad avere un rapporto d’aspetto che cambia durante la visione. Le scene “normali” sono girate in 2,40:1 o in 1,85:1, quelle in IMAX sono invece in 1,43:1 (il rapporto d’aspetto tipico dell’IMAX). Così facendo, le immagini di un suo film possono apparire anche molto diverse: da un’inquadratura all’altra, infatti, può succedere che si passi da un’immagine panoramica (formato “normale”) ad un’immagine molto più “quadrata” (formato IMAX) e dunque più grande. Questo non è un problema se si fruisce il film dentro una sala IMAX, in cui lo schermo è talmente grande da non creare ulteriori problemi di visione quando l’immagine è in formato “normale” (e dunque più piccolo). Quando però il film arriva su uno schermo più piccolo, come quello di una sala standard (rapporto 2,35:1), è chiaro che il proiezionista si trova davanti ad una scelta: se decide di proiettarlo in modo che le scene IMAX si vedano per intero si ritroverà con le scene in 2,40:1 davvero molto piccole, se invece opta per la visione ottimale delle scene in 2,40:1, si ritroverà con le scene IMAX tagliate sopra e sotto in maniera inaccettabile. Ecco perché Nolan – e gli altri registi che girano in IMAX – predispongono solitamente delle versioni differenti dei loro film, studiate appositamente per sale che non dispongono di tecnologia IMAX [nella figura sottostante, un riassunto delle diverse versioni di Dunkirk, a seconda del supporto (pellicola o digitale) e del tipo di destinazione (sale IMAX o sale standard)]. In queste versioni si modifica il rapporto d’aspetto delle scene IMAX (1,43) a rapporti più gestibili, come ad esempio il 2,40:1 o l’1,85:1. Ovviamente, in questo modo, alcune parti dell’inquadratura rimarranno fuori (in questo video inerente a Il cavaliere oscuro – Il ritorno, sempre di Nolan, potete vederlo chiaramente). Lo stesso discorso vale per le versioni home-video (Dvd o Blu-Ray) di questi film: i nostri televisori in 16:9 avrebbero i medesimi problemi degli schermi cinematografici.

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2 risposte a TIPI DI PELLICOLA E RAPPORTI D’ASPETTO – UNA GUIDA

  1. Da ber scrive:

    Molto tecnico ma comprensibile per i non addetti ai lavori . Grazieeee

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