Torneranno i prati

Regia di Ermanno Olmi

con Claudio Santamaria (Il maggiore), Alessandro Sperduti (Il tenente), Francesco Formichetti (il capitano), Andrea Di Maria (il conducente di mulo), Camillo Grassi (l’attendente), Niccolò Senni (il dimenticato), Domenico Benetti (il sergente), Andrea Frigo (il soldato comandato), Andrea Benetti (il caporale), Francesco Nardelli (il soldato Toni), Niccolò Tredese (il soldato delirante).

PAESE: Italia 2014
GENERE: Guerra
DURATA: 80′

Siamo in Veneto, sul gruppo montuoso degli Altipiani, in pieno inverno. L’anno dovrebbe essere il 1917. Un manipolo di soldati vivacchia nelle trincee. Alla richiesta di una missione suicida, un soldato accetta e perisce. Un altro preferisce suicidarsi. Il capitano rinuncia ai gradi e si condanna alla corte marziale. Il comando è preso da un giovane ufficiale. Dopo un brutale attacco notturno, i superstiti scoprono che probabilmente il nemico sta scavando un tunnel sotto di loro per farli saltare in aria con le mine.

Ultimo film di Olmi, realizzato per il centenario della prima guerra mondiale e proiettato per la prima volta il 4 novembre 2014 alla presenza del Presidente della Repubblica e delle più alte cariche dello Stato italiano. Liberamente ispirato a La paura (1921) di Federico De Roberto (che partecipò al conflitto da interventista convinto), ma anche ai racconti orali del padre dello stesso Olmi (anch’egli soldato), è un rarissimo caso di war movie da camera, quasi tutto ambientato dentro (sotto?) le trincee, anti-spettacolare e introspettivo, tra i più crudeli e dolorosi, se non altro per la totale mancanza di qualsiasi catarsi. Olmi opta per uno stile irrealistico e molto vicino al teatro (i personaggi parlano quasi soltanto per concetti, le scenografie sono spesso solo abbozzate, le scene – anche le più tese – molto statiche) che può piacere o non piacere; difficile però negarne la potenza espressiva e simbolica, evocata da una fotografia a colori (di Fabio Olmi, figlio del regista) nella quale il colore manca quasi del tutto, se non sotto forma di sbiadite e quasi impercettibili sfumature (quasi a voler sottolineare la natura di ricordo imperfetto – o di incubo – del narrato) e da pochissime scene accuratamente selezionate per arrivare subito al dunque, ovvero raccontare la disumanità, la follia, la totale mancanza di sacralità (la guerra è una bestemmia, disse Olmi parlando del film) di qualsiasi conflitto che vede uomini contrapposti ad altri uomini. Almeno due scene indimenticabili: la diserzione del capitano e il finale in cui, con lo sguardo rivolto allo spettatore, l’attendente sottolinea l’importanza del ricordo e dà un senso poetico al titolo del film. Solenne colonna sonora di Paolo Fresu. Otto nomination ai David di Donatello ma neppure una statuetta. Film lento, funereo, difficile, ma importante.

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