Quei bravi ragazzi

(Goodfellas)

Regia di Martin Scorsese

con Ray Liotta (Henry Hill), Joe Pesci (Tommy DeVito), Robert De Niro (Jimmy Conway), Lorraine Bracco (Karen Hill), Paul Sorvino (Paulie Cicero), Chuck Low (Morris Kessler), Frank DiLeo (Tuddy Cicero), Frank Vincent (Billy Batts), Frank Sivero (Frankie Carbone), Tony Darrow (Sonny Bunz), Mike Starr (Frenchy).

PAESE: USA 1990
GENERE: Gangster
DURATA: 145′

Di umili origini, Henry Hill sogna di diventare un gangster. La sua scalata al successo all’interno della piccola mafia newyorkese sembra inarrestabile, ma quando l’Fbi mette il naso nei suoi affari e lo arresta ci mette poco a tradire i compagni. Trascorrerà il resto della sua vita in una località segreta nel programma di protezione testimoni.

Dal romanzo Il delitto paga bene (Wiseguy) di Nicholas Pileggi, adattato da Scorsese con l’autore e basato sulla storia vera del vero Henry Hill (1943 – 2012). Come il precedente Mean Streets racconta la piccola malavita newyorkese governata da irlandesi e italiani, ma in maniera se possibile ancor più distaccata e impietosa: Scorsese cancella qualsiasi alone romantico o mitico del gangsterismo raccontando la storia di questi piccoli operai del crimine che sono anche piccoli uomini, mediocri e stupidi, animaleschi nel loro istintivo desiderio di possedere tutti i soldi, tutta la droga, tutte le ville, tutte le puttane. I motivi della violenza sono futili, l’onore non esiste, i motivi che muovono i protagonisti sono tutti irrimediabilmente bassi, amorali, ignobili. Più che in Mean Streets, più che nel successivo Casinò, lo sguardo del regista è quello di un netturbino che osserva impassibile lo squallore dell’autodistruzione umana. Nel raccontare “trent’anni di normalità dell’omicidio” (Morandini), Scorsese costruisce un racconto polimorfico e vorticoso, scandito da un’ininterrotta colonna sonora che trasforma l’iperreale e ritmica violenza in una macabra danza di sangue e morte. Tutto, anche il racconto, è allucinato, convulso, drogato come le scellerate azioni dei protagonisti. Racconto perfetto nella sua scorrevolezza, barocco e ipercinetico, pieno di ellissi, salti e frantumazioni temporali, scarti e pause, scandito da un uso magnifico della voce fuori campo.

Il gangster movie si lascia attraversare – in maniera affatto scontata – dal neorealismo: non tanto per la genuinità delle performance attoriali (comunque indiscutibile), quanto per la totale assenza di scene madri, tipiche del cinema gangster, a favore di molte piccole scene che esplorano l’ordinarietà, squallida e ipocrita, di questi piccoli criminali: riti, sontuosi banchetti, parabolici quanto vacui discorsi; persino omicidi, perché anch’essi diventano parte dell’ordinarietà, della routine. Insomma, un mondo terribile. Contributi tecnici ineccepibili: montaggio (Thelma Schoonmaker), fotografia (Michael Ballhaus), colonna sonora (Tony Bennett, The Cadillac, Muddy Waters, Bobby Darin, Aretha Franklin). Strepitoso Pesci sopra le righe (premiato con l’Oscar), magnifico De Niro sotto, perfetto Liotta alle prese con un personaggio solo apparentemente facile. La scena più famosa del film (“mi trovi buffo? Ma buffo come, come un pagliaccio?”) non era presente nella sceneggiatura, e fu totalmente improvvisata dagli attori. Una delle vette del cinema di Scorsese e del gangster movie in generale, imperdibile.

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2 risposte a Quei bravi ragazzi

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