Sleepers

(Sleepers)

Regia di Barry Levinson

con Jason Patric (Lorenzo “Shakes” Carcaterra), Brad Pitt (Michael Sullivan), Robert De Niro (Padre Roberto “Bobby” Carrillo), Kevin Bacon (Sean Nokes), Vittorio Gassman (King Benny), Dustin Hoffman (Danny Snyder), Billy Crudup (Tommy Marcano), Ron Eldard (John Reilly), Minnie Driver (Carol Martinez), Joseph Perrino (Carcaterra da giovane), Brad Renfro (Sullivan da giovane), Jonathan Tucker (Marcano da giovane), Geoffrey Wigdor (John Reilly), Bruno Kirby (padre di Lorenzo).

PAESE: USA 1996
GENERE: Drammatico
DURATA: 145’

Hell’s Kitchen, New York. Nel 1967, quattro ragazzini provenienti da famiglie povere finiscono in riformatorio per una bravata, e sono oggetto degli abusi di un perfido carceriere. 14 anni dopo, due di loro, divenuti killer di professione, trovano il bastardo e lo freddano in un pub. Gli altri due, divenuti rispettivamente giornalista e procuratore, cercano di farli passare per innocenti.

Tratto da un romanzo omonimo di Lorenzo Carcaterra, sceneggiato dal regista, è un melo drammone giudiziario/ carcerario con pretese di affresco sociale. Parte bene: la ricostruzione di un’epoca così vicina eppur così lontana funziona, e Levinson dimostra di essere un buon regista di racconto. Peccato che, subito dopo il balzo temporale che ci porta al 1981, si ingolfi, inizi a procedere per stereotipi (i flashback col perfido carceriere), scivoli presto nel ridondante, specialmente nelle lunghe parti ambientate in tribunale. E il finale è quantomeno ambiguo: elogio silenzioso alla legge del taglione o metafora di un mondo troppo ingiusto per essere compreso? Spereremmo nella seconda ipotesi, ma il film sembra più propendere verso la prima. Resta comunque una pellicola ben fatta, sorretta dalle performance di una serie di divi o nascenti tali. I migliori, comunque, sono i vecchi: da Dustin Hoffman, avvocato beone ma inarrestabile, al nostro Gassman, mafioso dall’aria pericolosamente simpatica, fino ad uno straordinario De Niro, prete d’assalto, che da solo vale il prezzo del biglietto. Proprio l’ex protagonista di Taxi Driver da una lezione magistrale di arte della recitazione, in quella che, probabilmente, è la sequenza più bella del film: mentre i ragazzi gli raccontano degli abusi (ma lo spettatore non sente), la macchina da presa indugia sul suo volto che, senza nessuno stacco, passa da sorpreso a stravolto, commosso, piangente. L’unico davvero fuori posto, nel cast, è l’insulso protagonista Jason Patric: molto più bravo l’attore che lo interpreta da ragazzino. Vorrebbe essere una metafora sociale degli Stati Uniti, in realtà è solo un film discreto, senza infamia né lode, prigioniero delle sue ambizioni da Oscar, troppo lungo, ma sincero. La critica, comunque, c’è andata giù fin troppo pesante. Musiche di John Williams.

 

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