Abyss

(The Abyss)

Regia di James Cameron

con Ed Harris (Virgil “Bud” Brigman), Mary Elizabeth Mastrantonio (Lindsey Brigman), Michael Biehn (Tenente Hiram Coffey), Leo Burmester (“Cat” De Vries), Todd Graff (Alan “Hippy”), John Bedford Lloyd (Jammer), J. C. Quinn (Arliss “Sonny”), Kimberly Scott (Lisa “One Night” Standing), Christopher Murphy (Schoenik), Adam Nelson (Ensign Monk), Dick Warlock (Dwight Perry).

PAESE: USA 1989
GENERE: Fantascienza
DURATA: 146’

Sottomarino nucleare affonda nell’oceano, subito dopo aver captato il segnale di un mezzo misterioso che viaggia a 130 nodi. Un gruppo di Navy Seals, per impedire che ci vadano di mezzo i sovietici, viene spedito su una piattaforma petrolifera sottomarina per indagare.

Terzo film di Cameron, regista di kolossal d’autore, cinque anni dopo l’exploit di Terminator e tre dopo il buon Aliens. Vetta del suo personale cinema fantascientifico in bilico tra artigianato e industria, tra sperimentazioni folli e convenzioni hollywoodiane, è un grande film d’avventura che mescola agli stereotipi del genere uno sguardo nuovo, più spielberghiano e metaforico: gli alieni non soltanto sono i buoni, ma sono anche intelligenti, puri, e guardano con pietà l’aggressività dell’uomo. È il film di Cameron con meno spiegazioni, e per questo ed altri motivi riesce ad assumere un valore quasi universale: il suo sguardo diviene umano prima che morale, “sognatore” prima che pacifista. La prima parte si basa su un’ineccepibile suspense, alimentata da una regia claustrofobica e perfetta e da dialoghi ben scritti; la seconda, quella che svela il suo valore metaforico, si costruisce invece come un’esperienza sensoriale fatta di colori, suoni, immagini. Certo, qualche volta lo spettro del kitsch è dietro l’angolo, ma chi riesce a comprendere lo spirito quasi panteista del film non può non emozionarsi, coinvolgersi, allinearsi all’animo di un artista che, anche se indissolubilmente legato ad un’azienda (nel senso generale del termine), è quello di un bambino che tenta di realizzare i propri sogni fantastici. Frutto di uno sforzo produttivo immane – esaurimento nervoso di molti degli attori, costretti a lavorare sott’acqua per ore e ore ogni giorno; continue crepe delle grosse vasche d’acqua, ricavate dalle basi di due giganteschi reattori nucleari in disuso; difficoltà di costruzione dei moduli sottomarini, che dovevano essere in tutto e per tutto identici a quelli veri, in quanto non dovevano subire infiltrazioni – rimane tutt’oggi uno dei film più difficili da girare, creato da un genio folle ossessionato dalle proprie idee. Resta, comunque, il miglior film di Cameron: dura due ore e mezza, ma non si sentono. La seconda parte regala qualche inaspettato picco poetico. Prezioso lavoro tecnico del cameraman Al Giddings, che inventò delle macchine da presa resistenti ad acqua e pressione (che prontamente aggiornò ed utilizzò per Titanic), ottima fotografia subacquea e non di Mikael Salomon. Nel rapporto tra Bud e Lindsey si riflette quello tra il regista e la da poco ex moglie Gale Anne Hurd, qui ancora produttrice. Musiche di Alan Silvestri. Una statuetta per gli effetti speciali. Ne esiste una versione di 171’, ma è da perdere con ostinazione: le scene aggiunte sono ridicole e stravolgono il senso della pellicola. Il film di Cameron meno apprezzato dal pubblico (guadagnò “appena” 90 milioni) e dalla critica. Secondo noi, è il migliore. Da non perdere.

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