Blues Brothers – Il mito continua

(Blues Brothers 2000)

Regia di John Landis

con Dan Aykroyd (Elwood Blues), John Goodman (Mighty Mac McTeer), Joe Morton (Cabel Chamberlain), J. Evan Bonifant (Buster), Nia Peeples (tenente Elizondo), Kathleen Freeman (sour Mary Stigmata), Aretha Franklin (signora Murphy), James Brown (reverendo Cleophus James), B. B. King (rivenditore di auto), Erykah Badu (Queen Mousette), The Blues Brothers Band, The Blues Traveler.

PAESE: USA 1998
GENERE: Commedia
DURATA: 123’

Diciotto anni dopo i fatti narrati nel primo film, Elwood Blues esce di prigione e scopre che l’amato fratello Jake è morto. Con l’aiuto di un robusto barista canterino, di un poliziotto che ci mette poco a convertirsi al blues (anche perché è figlio di Curtis, ovvero Cab Calloway nel primo film) e di un orfanello che suona l’armonica, Elwood riesce a rimettere insieme la banda. Ma, questa volta, dovrà vedersela con la mafia russa…

Scritto ancora da Aykroyd e Landis, è il seguito – di cui nessuno sentiva il bisogno – del celeberrimo The Blues Brothers (1980), capolavoro indiscusso del musical e della commedia demenziale ed anarchica che prese piede a cavallo degli anni ’80. Più che un sequel, è un remake: molte situazioni, nonché la struttura narrativa, sono ricalcate con precisione su quelle del film precedente. Aykroyd, nonostante qualche chiletto di troppo, è ancora divertente, e ce la mette tutta per dare spessore al film, ma l’assenza di Belushi è più ingombrante di qualsiasi presenza: è impossibile non pensare a lui, che nel film precedente rubava la scena a chiunque e portava alla storia la sua comicità unica e irridente. Non tutte le scelte di cast sono sbagliate (ad esempio Goodman, pur non riuscendo mai a sostituire davvero Belushi, rappresenta una piacevole sorpresa), ma molti attori sono fuori parte, dal nero Morton all’insopportabile piccolo Bonifant. Le canzoni sono molte di più rispetto all’originale, ma siamo sicuri che la quantità corrisponda alla qualità? Certo, la lista dei nomi noti è cresciuta esponenzialmente (ad Aretha Franklin e James Brown, presenti nel primo, si aggiungono B. B. King, Billy Preston, Eric Clapton, Paul Shaffer, Eddie Floyd, Jimmie Vaughan, Wilson Pickett, Steve Winwood, Isaac Hayes, Dr. John, Bo Diddley, Clarence Clemons), ma non sono molte le canzoni che restano nella memoria. Anche perché la regia di Landis è sottotono, poco incisiva e poco capace di sottolineare le finezze “coreografiche” che si vedevano nel primo capitolo. E le parentesi fantastiche (come quella a New Orleans) sono quantomeno velleitarie. È un film anacronistico, volutamente nostalgico, ma ben presto la malinconia diventa amarezza per un mondo (musicale e cinematografico) che non esiste più. “Quel che c’è di divertente è già visto e quel che ha di nuovo non diverte” (Morandini). Non tutto è da buttare, ma guardarlo rattristisce parecchio. Cameo di Frank Oz, simile a quello che il regista fece nel primo capitolo. La canzone suonata dai Lousiana Gator Boys durante la Battaglia delle Bande (forse la sequenza migliore del film) è How Blue Can You Get, vecchio cavallo di battaglia di B.B. King. Dedicato agli scomparsi John Belushi, Cab Calloway e John Candy, indimenticati protagonisti dell’originale.

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